Stati Uniti: la prima legge sul clima


L’Ame­rica di Barak Obama svolta pagina
e
dà il via a una rivoluzione, che affronta il problema del global warming, cambiando il modo in cui la prima econo­mia del mondo produce e usa energia.

"Un passo coraggioso e ne­cessario, che contiene la pro­messa di creare una nuova in­dustria e milioni di posti di la­voro", ha detto il presidente Obama, ricordando che la leg­ge, se approvata dalla Camera Alta, "renderà finalmente l’energia pulita la forma più conveniente di energia".
L’American Clean Energy and Security Act pone l’obietti­vo di ridurre del 17% entro il 2020 (usando come base i valo­ri del 2005) le emissioni di Co2 nell’atmosfera. Al suo centro è un meccanismo di «cap and trade», che fissa il tetto globale dei gas serra consentiti, ma consente a industrie, centrali e altri operatori di comprare e vendere i cosiddetti «permessi d’inquinamento». Un numero limitato di questi ultimi verrà istituito dal governo e in parte distribuito gratuitamente in base a criteri, fissati dal Con­gressional Budget Office. Il tet­to alle emissioni verrà abbassa­to progressivamente negli an­ni, rendendo più caro acquista­re i permessi e presumibilmen­te costringendo le industrie a investire su energie rinnovabi­li (solare, eolica e geotermale) o più pulite, come la nuova ge­nerazione di reattori nucleari o il carbone che non inquina. Se­condo il Congresso, la nuova legge costerà in media al con­sumatore americano 175 dolla­ri l’anno. Non è stato facile per la Casa Bianca farla passare. Giovedì mattina, Rahm Emmanuel, ca­po dello staff e vero stratega di Obama, aveva ammesso a un breakfast con un gruppo di giornalisti che «i voti non ci so­no ». Ma nelle 24 ore successive, sotto la regia sua e della Spe­aker Nancy Pelosi, il lavorio è stato frenetico. I numeri del te­sto sono stati modificati al ri­basso. Obama ha trascorso ore al telefono per convincere uno per uno i deputati riluttanti e molti di loro sono stati corteg­giati perfino con un invito al­l’Iuau, la prima festa hawaiia­na organizzata dalla first fami­ly giovedì sera nel South Lawn della Casa Bianca. Alla fine il successo è arriva­to, sia pur sudato e di misura: per 8 repubblicani che hanno votato con la maggioranza, ci sono stati ben 44 democratici che hanno detto no. Una varie­gata ribellione interna, dove si sono ritrovati insieme chi osteggia la legge temendo che possa alienare voti nelle regio­ni agricole o dell’industria tra­dizionale e chi invece la consi­dera troppo timida. E anche gli ambientalisti hanno chiesto una legge più dura contro gli inquinatori e le industrie. Le difficoltà del primo osta­colo annunciano un’altra, dura battaglia al Senato, dove ai de­mocratici mancano 2 dei 60 vo­ti necessari per evitare l’ostru­zionismo, ma dove le linee di­visorie sull’ambiente sono an­che molto trasversali.

Articolo scritto da Paolo Valentino by
corriere.it

Immagine: www.ecosilly.com

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