Conflitti per l'acqua: a chi appartiene il Nilo?

Sebbene il colonialismo abbia portato in Asia e in Africa infrastrutture, istruzione, tecnologia industriale, migliore sanità... il che vuol dire progresso, il rovescio della medaglia mostra invece angherie, ruberie e ingiustizie, le quali, ancora oggi, a distanza di anni dalla fine del colonialismo, fanno sentire il loro disastroso effetto.

Uno dei maggiori problemi del mondo in questo nostro tempo è senz'altro quello delle risorse idriche, tant'è che sono in molti a pronosticare possibili guerre future nella corsa all'accaparramento del bene più prezioso per la vita, l'oro blu. Dove l'acqua scarseggia è sinonimo di carestie, siccità, malattie... e in un mondo che va sempre più popolandosi, il rischio che possano scatenarsi conflitti per essa, sono purtroppo un'amara verità.

Quando nel 1929 la Gran Bretagna, che controllava l'Egitto e il Sudan, stilò coi due paesi un trattato bilaterale, riveduto e corretto poi nel 1959, concedendo loro "la piena utilizzazione delle acque del Nilo" - e il potere di veto su eventuali progetti di sviluppo idrico nel bacino idrografico dell'Africa orientale, non tenendo conto degli stati a monte, che dal Burundi all'Egitto, si affacciano sul grande fiume; neppure dell'Etiopia, sorgente del Nilo Azzurro, che si fonde con il Nilo Bianco a Khartoum, e fornisce l'86% del flusso finale del fiume... commise una grande ingiustizia che evoca rabbia e recriminazioni, e che oggi potrebbe dare adito ad una delle più feroci guerre per il possesso dell'acqua.

In un tempo di cambiamenti climatici, minacce ambientali e aumento vertiginoso della popolazione, per un decennio i nove Stati del bacino del Nilo hanno avuto negoziati sul modo migliore per condividere e proteggere il fiume. Ora, con un accordo da negoziare, i colloqui si stanno tramutando in acrimonia. Da un lato ci sono i sette paesi che forniscono la quasi totalità del flusso del Nilo, dall'altra parte ci sono l'Egitto e il Sudan, il cui clima desertico ha bisogno della linfa vitale dell'acqua del Nilo, e che in virtù di quel vecchio trattato affermano di avere la legge dalla loro parte. Tuttavia, anche se l'Egitto difende con forza, a volte con minacce di azioni militari la sua posizione, ai sensi del diritto internazionale la questione è discutibile.

"Questo è grave", ha affermato Henriette Ndombe, direttore esecutivo del Nile Basin Initiative, costituito nel 1999 per supervisionare il processo di negoziazione e di migliorare la cooperazione. "Potrebbe essere l'inizio di un conflitto".

Per decenni l'Egitto ha avuto un ingegnere inviato in Uganda alla diga Owen Falls sul Nilo, vicino all'isola Kitra, per controllare il deflusso. Ma in un segno di crescente discordia, due anni fa l'Uganda ha smesso di fornire i dati all'ingegnere. E quando ad aprile di quest'anno Egitto e Sudan hanno rifiutato di firmare l'accordo sul tema "equo e ragionevole" dell'utilizzo delle acque del Nilo, ponendo come condizione primaria i propri "diritti storici", gli altri stati hanno perso la pazienza. Per i negoziatori di Uganda ed Etiopia, le pretese egiziane equivalgono ad un insulto. Un po' meno per il Sudan, che riveste un ruolo più passivo.

Convinti che dal loro punto di vista non c'era più scopo per continuare le trattative, nel mese di maggio Uganda, Etiopia, Ruanda e Tanzania hanno firmato un accordo " "River Nile Basin Co-operative Framework". Anche il Kenya li ha seguiti, mentre il Burundi e la Repubblica democratica del Congo sono in procinto di aderirvi, provocando allarme e rabbia in Egitto. Quando i parlamenti dei sei Stati ratificheranno l'accordo, una commissione permanente deciderà l'assegnazione dell'acqua, senza i due stati che ne necessitano di più.

L'opposizione da parte degli Stati a monte dei trattati coloniali non è nuova. L'Etiopia non è mai stato colonizzato, e ha respinto l'accordo bilaterale del 1959 che ha dato all'Egitto i tre quarti del flusso annuale del Nilo (55.5bn metri cubi) e al Sudan un quarto, ancor prima che fosse firmato. La maggior parte degli stati dell'Africa orientale hanno inoltre rifiutato di riconoscere il trattato e i precedenti trattati concordati con la Gran Bretagna, da quando sono diventati indipendenti.

La questione è rimasta in sospeso per molto tempo, dovuta soprattutto ad una combinazione di fattori, tra cui l'instabilità, il malgoverno, i vincoli finanziari e disponibilità di altre fonti d'acqua. Solo nel 1990 vari governi hanno cominciato a considerare seriamente l'utilizzo delle acque del bacino del Nilo per produrre energia e per irrigare le colture. Ma quando sono state inoltrate domande di finanziamento alla Banca mondiale e ad altre istituzioni, sono sorti problemi, in quanto i partner per lo sviluppo suggerivano di chiedere agli altri paesi sul Nilo, cosa ne pensavano a riguardo.

Il problema è enorme, considerando che molti di questi paesi che si affacciano lungo i 6680 chilometri del fiume fino al Mediterraneo, stanno soffrendo molto i cambiamenti climatici e, soprattutto, stanno crescendo enormemente dal punto di vista demografico.

Secondo il Population Reference Bureau, la popolazione egiziana che oggi è di 79 milioni di abitanti dovrebbe raggiungere 122 milioni entro il 2050. Inoltre, oggi l'Etiopia conta 83 milioni di abitanti, ma in 40 anni si stima ce ne saranno 150 milioni. In Uganda, dove il numero medio di figli per donna è di 6,7, uno dei più alti al mondo, la popolazione è dovuta a più del triplo rispetto allo stesso periodo di 97 milioni. Per l'Uganda, la priorità per ora è l'elettricità, e vuole costruire più dighe.

L'Etiopia ha iniziato uno sviluppo idroelettrico, aprendo una diga sul Lago Tana, alla fonte del Nilo Azzurro, ed è in trattative con Egitto e  Sudan per costruire più dighe sul fiume. L'energia elettrica sarà ripartito tra gli Stati - il beneficio reciproco previsto quando il Bacino del Nilo è stato stabilito. Ma l'Etiopia prevede anche sistemi di irrigazione su larga scala, che si dice sono essenziali per il cibo.

In base all'accordo firmato dai cinque paesi, la quota delle acque del bacino del Nilo di ciascuno Stato dipenderà da variabili quali la popolazione, contributo al flusso del fiume, il clima, le esigenze sociali ed economiche, e, soprattutto, gli usi attuali e potenziali delle acque - un fattore che sarà pesantemente a favore di Egitto e Sudan.

Tutto ciò però, resta da vedere...

Fonte: www.guardian.co.uk
Immagine: flickr.com - history.howstuffworks.com

Commenti

Post popolari in questo blog

La Blue economy in India e nello Sri Lanka

La bellezza della Sfinge Colibrì

L'amuleto della libertà 4 - racconto sul web