Libia: allarme nel Mediterraneo?

Sulla tremenda questione libica, che fa capire quanto complicata sia diventata l'area mediterranea, l'Alto Commissario Onu per i diritti umani ha chiesto un'inchiesta internazionale sulla repressione contro i manifestanti antigovernativi, fatta con attacchi sistematici su larga scala che possono equivalere a crimini contro l'umanità.

Secondo le notizie il regime, coi suoi battaglioni della sicurezza, controlla ormai solo Tripoli, dove sembra si stiano usando armi pesanti per reprimere le proteste, mentre ad oriente, in Cirenaica, tra Bengasi e Tobruk, la parte tradizionalmente meno favorevole nei confronti di Gheddafi, ma sino all'altro giorno obbediente, spira un vento tribale e sembra avviarsi a diventare una provincia autonoma. Qui si è vicini  all'Egitto, l'altra grande nazione araba su cui si è abbattuto il vento (man mano diventato uragano) dei Gelsomini. Probabilmente è la parte più esposta alle infiltrazioni dell'estremismo islamico, anche magari attraverso i Fratelli musulmani, che hanno la guerra santa scritta nel loro DNA , sebbene a piazza Tahrir, in Egitto stavano con il Corano e la croce in mano, assieme ai copti.

Dall'altra parte, ad occidente, verso la Tunisia, nella Tripolitania, circa 7000 libici hanno attraversato il confine perchè in preda alla paura.

Per l'Italia e per un'Europa che latita, e che quindi non esiste, si prevede un forte flusso migratorio dal sud del Mediterraneo. Non tanto da parte di libici, che sembra non abbiano ancora fame di democrazia, ne tantomeno dagli altri paesi che affacciano sul Mediterraneo (Tunisia, Egitto, Algeria o Marocco), ma da parte di un'onda che viene dal sud, dall'Africa subshariana (Niger, Ciad, Sudan) e che fa forte pressione sui paesi della fascia mediterranea, in particolare sulla Libia, a maggioranza sunnita, malvista dagli islamisti in quanto non pratica pienamente le parole del Profeta.

Da questo dilagare di popoli, gli esperti intavedono il grande business dell'africa subsahariana: il traffico di esseri umani. Non è difficile immaginare che se gli stati sul Mediterraneo continuassero a scricchiolare o ad implodere, un'ondata migratoria senza precedenti si riverserebbe sull'Europa.

C'è da dire che i regimi di questi paesi attraversati da una forte febbre democratica, in gran parte amplificata da Internet, social network, cellulari e tv satellitari, erano riusciti comunque a controllare la forte pressione del radicalismo islamico.

In questa rivoluzione che sta mutando irrimediabilmente il volto dell'Africa del nord, ma anche di un pezzo di Medio oriente "c'è da rilevare", dice l'analistica politico Margelletti, "che non si è visto da nessuna parte bruciare una bandiera degli Stati Uniti e d'Israele".

I due paesi che corrono meno rischi di venire sovrastati da questa rivoluzione sono la Giordania e il Marocco, perchè a capo di questi governi c'è un discendente diretto di sangue del profeta Maometto, e nel mondo islamico è assurdo pensare che si voglia cacciare tali regnanti. 

Intanto, l''Iran sfrutta le conseguenze della rivolta egiziana e dell'interesse mediatico attorno alla situazione in Libia per infilare, per la prima volta dalla Rivoluzione islamica del 1979, due navi militari nel Mediterraneo.  
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NOTIZIE SU ENERGIA DALLA LIBIA
 
In campo energetico, l'Italia, attraverso l' 'ENI, prende dalla Libia il 22% del petrolio (Austria 21% - Irlanda 23% - Spagna 12%, Germania 8%, Francia 16%). Riguardo il gas, noi italiani utilizziamo solo un decimo del nostro fabbisogno giornaliero, ma il gas può benissimo essere rimpiazzato da Algeria o Russia, qualora la situazione libica peggiorasse.

Tuttavia l'ENI, presente in Libia dal 1959, ha voluto mettere in sicurezza e quindi bloccare l'afflusso del più lungo gasdotto sottomarino mai realizzato nel Mediterraneo: 
GreenStream (nell'immagine a lato), la condotta che trasporta 9,2 MLD di metri cubi di gas al terminale di Gela in Sicilia. 

Immagini: infoplease.com www.focus-fen.net




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