Energia: il risparmio che uccide 3

Povero Giappone, in balia della violenza mostruosa della natura che lo sta facendo barcollare ripetutamente! Ed in più, un  istante dopo il terremoto (particolarmente efficiente nell'eccitare lo spostamento dell'asse terrestre sia per dove è accaduto e sia per come è avvenuto), lo tsunami ha provocato il disastro alla centrale nucleare di Fukushima e il grande pericolo radioattivo che tuttora incombe, il quale, per colpa anche di altre scosse sismiche di minore forza ma ugualmente terribili che continuano a farsi sentire, ha raggiunto il livello di pericolo da 5 a 7, cioè il massimo, equiparandolo a quello della centrale nucleare di Chernobyl, anche se, dicono gli esperti, non è prevista una contaminazione generalizzata in quanto le caratteristiche dell'incidente sono completamente differenti. 

Nel caso di Chernobyl c'è stata una frattura del guscio di contenimento che ha consentito a tutto il materiale radioattivo d'essere esposto all'ambiente; nel caso di Fukushima, invece, ci sono state delle piccole falle e delle piccole crepe che circoscrivono la contaminazione a piccole quantità che sono state rilevate nell'ambiente.  La stessa Tepco,  la società che gestisce l'impianto nucleare giapponese, precisa che la quantità di particelle radioattive rilasciate dalla centrale di Fukushima è pari a 1/10 di quelle sprigionate nella centrale Ucraina.


Ad un mese dal terremoto, i tecnici giunti da ogni parte del mondo non sono riusciti a contenere la fuga di materiale radioattivo che rende incalcolabili i danni per la salute e per il terreno, destinato a trasformarsi in un deserto. C'è da consolarsi se si pensa che davanti calamità così possenti si siano salvate le altre 50  centrali nucleari!

Purtroppo, l'energia che consumiamo proviene da grandi impianti, complessi e difficili, che possono dare problemi, specie in casi estremi. Proprio la Tepco che lavora in un sistema in cui è facile aggirare i controlli,  dimostra  come sia delicato gestire gli impianti nucleari. Il problema è che negli ultimi due decenni il libero mercato, specie nel campo elettrico, ha messo questi grandi e complessi impianti in mano ai privati, dove spesso si generano conflitti d'interesse.  Sembra difatti che la volontà di risparmiare sui costi della centrale di Fukushima, che risale alla fine degli anni 60, abbia indotto la Tepco, che alle spalle ha una lunga storia d'incidenti, e che già nel 2006 doveva fare una revisione di tutte le procedure di sicurezza,  a commettere diversi errori. Il primo, nei momenti immediatamente successivi allo tsunami.  Gli ingegneri, che non avevano piani di emergenza precisi,  credevano che i reattori si fossero spenti automaticamente, ma hanno dimenticato che nei depositi le barre di combustibile esaurite avessero cominciato a reagire e a surriscaldarsi. Poi  è  venuto alla luce un grossolano errore di progettazione, in quanto erano stati costruiti i generatori di soccorso in una posizione troppo in basso, sotto il livello del mare, lì a due passi, mentre invece sarebbero dovuti essere più sopra, di modo che il maremoto non li avrebbe travolti. Se lo avessero fatto, dicono gli esperti, i generatori si sarebbero azionati e avrebbero impedito tutte le successive complicazioni.

Anche per la piattaforma petrolifera della BP
Deepwater Horizon nel Golfo del Messico, sono stati usati materiali non idonei a quelle profondità: 1500 metri fin sul fondo dell'acqua poi altri 6000 attraverso un buco, in cui è stato posto prima dell'acciaio  e poi cementato con sostanze particolari. Ma per tenere giù quelle forti pressioni sottomarine ci sarebbero voluti degli accorgimenti particolari e costosissimi... che non sono stati presi, indi per cui, per risparmiare sul cemento ne è venuto fuori  un immenso disastro ambientale. Senza parlare poi di altre tragedie ambientali, come quello del più grave disastro chimico della storia, accaduto il 2 dicembre 1984 a Bophal, in India, quando la morte ha colpito molti nel sonno, non appena da uno stabilimento industriale di pesticidi della multinazionale statunitense Union Carbide India Limited (UCIL), sono fuoriusciti 54 tonellate di un potentissimo gas letale ed altre 12 tonnellate di reagenti chimici. La nube tossica uccide immediatamente 3500 persone. Causa cecità, paralisi, cancri e avvelenamenti che porteranno presto a 25 mila il numero delle vittime. Si ammalano agli occhi, ai polmoni, al fegato, altri 100 mila sopravissuti... ma è solo l'inizio, in quanto la popolazione dovrà fare i conti a lungo con questo disastro. I veleni hanno contaminato oltre l'aria anche le falde acquifere, la terra, il cibo, e ucciso il bestiame, che era nella zona l'unica forma di sostentamento. E nessuno, a cominciare dall'industria chimica responsabile del disastro, bonifica la zona, così col passare del tempo, i veleni che si sono sprigionati a tonnellate nell'incidente, passano di madre in figlio, facendo nascere molti bambini con malformazioni, malattie genetiche, disturbi del sistema immunitario e il numero dei tumori sale vertiginosamente, uccidendo ancora, a distanza di molti anni da 10 a 30 persone al mese.

Qualche tempo dopo si è scoperto che il disastro è stato causato tecnicamente da un errore: acqua in grandi quantità è penetrata in una cisterna in cui erano stoccate decine di tonnellate di agenti chimici fortemente instabili e che proprio a contatto con l'acqua hanno portato ad un forte aumento della temperatura, scatenando una spaventosa reazione chimica senza precedenti. Indagini successive hanno poi accertato che il sistema di sicurezza era stato disattivato, l'impianto di raffreddamento spento per risparmiare, UDITE, UDITE...  45 miseri dollari al giorno.

Da quanto accade, è quindi comprensibile come il nucleare, le cui radiazioni non si vedono  e generano perciò terrore,  preoccupi tutti. Non dimentichiamo però che il nucleare è una energia pulita - e il pianeta sa di quanto ce n'è bisogno! - e l'alternativa ad esso, almeno per il momento e per i prossimi decenni è il carbone, il gas e l'idroelettrico, che però è una fonte energetica che si fa sempre di meno e che rischia d'essere più direttamente colpita dai cambiamenti climatici, in quanto è sensibile all'aumento, alla tempistica e alla struttura geografica delle precipitazioni e della temperatura. E poi, se si fa la conta dei decessi, le grandi dighe idroelettriche sono le più pericolose. Basta ricordare il crollo in simultanea delle dighe Banqiao e Shimantan in Cina, nell'agosto del 1975, che subito dopo la rottura hanno scatenato uno tsunami con ondate alte sei metri e 12 chilometri di larghezza che ha inondato 29 province facendo annegare 26 mila persone, più altre 200 mila per via delle conseguenze.



Insomma, dove ci si volta sono tragedie, e questo dovrebbe indurre a ragionare sulla sicurezza dei futuri impianti energetici e pensare che, specialmente per il nucleare, la nazionalizzazione sarebbe  la soluzione più appropriata.




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