Durban: ci sarà forse uno straccio di accordo in zona Cesarini? Chissà!

Già un paio d'anni fa il governo delle Maldive, in un atto propagandistico, indisse un Consiglio dei Ministri in una originale riunione tra il presidente delle Maldive Mohamed Nasheed e il suo gabinetto, sotto la superficie del mare al largo della laguna Girifushi, tenutasi a sei metri di profondità, utilizzando i segnali a mano per comunicare tra loro, tra bolle che fuoriuscivano dalle maschere subacquee e pesci che nuotavano attorno.

La riunione, che mirava ad attirare l'attenzione sul timore dell'aumento del livello degli oceani, è tuttora un grido d'allarme che potrebbe accadere se il cambiamento climatico non verrà controllato. Il nemico numero uno da combattere, cioè il riscaldamento globale, minaccia  almeno 15 stati arcipelago nel Pacifico, secondo quanto riporta un nuovo rapporto australiano.

Paradisi naturali come le Figi, Papa nuova Guinea, le isole Salomone rischiano di essere sommerse entro 80 anni. E l'allarme si spinge sino in Sud Africa, a Durban, dove è ormai nella fase conclusiva la 17 Conferenza sul clima a cui hanno partecipato 193 nazioni più la Ue. Ma come lo è stato per il vertice sul clima delle Nazioni Unite di Copenhagen e di Cancun, trovare delle soluzioni che accontino tutti è sempre più difficile. Anche a Durban proteste, vaghe promesse, conclusioni evasive, bollettini generici. Ma questa volta però la Cina si è mossa per prima, spiazzando tutti, soprattutto gli Stati Uniti, molto contestati, che non hanno mai firmato il Protocollo di Kyoto.

Difatti il grande paese asiatico è disposta a seguire l'Europa sulla riduzione delle emissioni prodotte dai Paesi industrializzati. Una rivoluzione, se si farà davvero, perchè la Cina. il più grande emettitore (è responsabile di un quarto delle emissioni mondiali di biossido di carbonio) dice che potrebbe essere disposta a firmare un accordo giuridicamente vincolante per ridurre le emissioni, dopo il 2020 - se altri paesi manteneranno i loro impegni.

Immagine: mnn.com

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