Speciale Rio + 20: la conclusione
Dal nostro inviato a Rio de Janeiro John Keyman
Si è conclusa la Conferenza ONU sullo sviluppo sostenibile di Rio de Janeiro. 190 Paesi si sono ritrovati vent'anni dopo il primo incontro nella stessa città brasiliana. Per l'occasione, a sorpresa, si è fatto vivo anche il padrino dell'ambientalismo mondiale, considerato uno degli artefici principali del movimento ambientalista mondiale, e organizzatore del Summit delle Nazioni Unite del 1992 Maurice Strong, oggi ottanduenne, nativo del Canada, oggi residente in Cina, a cui è stata concessa la ribalta in una serie di conferenze nel prevertice di tre giorni prima.
Nel corso della Conferenza sono stati trattati fondamentalmente due soli temi, l'affermazione delle energie rinnovabili come fonti primarie rispetto ai combustibili fossili e il problema della fame visto secondo la prospettiva per cui, a fronte di un aumento di produzione di cibo a livello globale, aumenta contemporaneamente anche il numero di affamati.
Il Segretario Generale dell'ONU Ban Ki-moon ha detto che gli impegni assunti sono mattoni e cemento per costruire un futuro più sostenibile" e che il risultato ottenuto "fornisce una solida base di sviluppo sociale, economico, benessere ambientale". "E guiderà tutti noi, verso un percorso sostenibile. Ora la nostra responsabilità é di costruirlo."
A contraddirlo però, è stata l'assenza al vertice di molti leader occidentali, Obama in testa, che dovevano essere i protagonisti. Ma la grave crisi del debito ha avuto la priorità assoluta. Eppure i temi in gioco erano importanti, come ha spiegato l'ex presidente brasiliano Cardoso: superare la divisione tra sviluppo e ambiente e accettare che la soluzione a povertà e ineguaglianza sia nella crescita sostenibile non nella crescita a tutti i costi.
I cortei di ONG, indigeni e attivisti hanno scandito le tappe di un vertice ambizioso nelle intenzioni, ma che per le associazioni ambientaliste passerà alla storia per le gravi omissioni, perchè definisce principi generali ma evita impegni concreti.
Si è parlato di Green economy e sviluppo sostenibile senza stabilire obiettivi certi. La green economy è un concetto che apre nuovi orizzonti nella terminologia ufficiale delle Nazioni Unite, ma è visto con sospetto da molte economie in via di sviluppo.
La dichiarazione riflette anche le preoccupazioni delle economie avanzate che combattono una profonda crisi finanziaria.
Wen Jiabao, il premier cinese, ha sottolineato che "il divario tra il Nord e il Sud si sta allargando", e che quindi si "deve promuovere lo sviluppo sostenibile globale e promuovere l'uguale diritto allo sviluppo per tutti i paesi." Ha poi parlato di green economy, dicendo che è cresciuta rapidamente, ma che manca ancora di norme uniformi.
"Il futuro che vogliamo" è il nome del documento che chiude la Conferenza internazionale di Rio e vuole sottolineare i molti pericoli si affacciano su un pianeta la cui popolazione umana è si sta avviando dai sette miliardi di oggi ai 9,5 miliardi entro il 2050. Il lungo elenco comprende i cambiamenti climatici, la desertificazione, l'esaurimento della pesca, l'inquinamento e la deforestazione, e il pericolo che corrono migliaia di specie.
"Il futuro che scegliamo" era invece l'appello che 40 scienziati e premi Nobel avevano lanciato per chiedere ai capi di stato non solo generiche volontà ma scelte precise.
Tutto rimandato quindi, e come ha detto il ministro dell'Ambiente italiano Clini, non era previsto che concordassimo i tempi. Ognuno farà i compiti a casa propria!
Immagine: www.bangkokpost.com
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