Effetto serra: il grande aiuto viene dalle praterie marine

Le praterie di posidonia (seagrass meadows ) sono molto legate alle emissioni di gas a effetto serra e svolgono un ruolo importante nel ridurre la quantità di anidride carbonica  nell'atmosfera. Esse fungono da serbatoi di carbonio su scala globale e la conservazione e la rivegetazione delle aree fortemente colpite, può aiutare a mitigare le emissioni di origine antropica

Un team internazionale di ricercatori ha scoperto che la scomparsa della posidonia potrebbe contribuire al rilascio di anidride carbonica conservata per secoli sotto il mare.

Queste insolite piante fiorite marine sono chiamate "fanerogame", hanno foglie  lunghe e strette e crescono in grandi prati sottomarini che assomigliano ad un pascolo frequentato da una gran varietà di creature marine che si alimentano di biomassa e sedimenti. Ma rappresentano anche più del 10% di immagazzinamento di CO2 dell'oceano e, per ettaro, valgono almeno il doppio dell'anidride carbonica immagazzinata dalle foreste pluviali.

Ogni anno, le praterie di fanerogame sequestrano circa 27 milioni di tonnellate di CO2, ma sono minacciate dalla pesca a strascico, dalle tempeste violente e naturalmente dal  riscaldamento globale, destinato a causare danni, con conseguente rilascio di grandi quantità di CO2 nell'atmosfera.

I ricercatori hanno valutato se la rivegetazione  dei prati subacquei può essere efficace nel ripristinare la loro capacità di agire come serbatoi di carbonio in relazione al tempo necessario per affrontare la grande sfida di riduzione delle emissioni per i prossimi decenni.

Scrivendo in un articolo pubblicato sul Journal of Ecology, i ricercatori dicono che i risultati suggeriscono che il ripristino delle praterie di posidonia impedirebbe l'erosione di importanti depositi di carbonio organico.

"Queste aree possono  catturare e immagazzinare il biossido di carbonio atmosferico, ma possono diventare anche  fonte di questo gas erodendo e liberando il gas intrappolato da decenni e secoli nel prato  marino", ha detto il professor Núria Marbà, del Mediterranean Institute for Advanced Studies in Spagna, autore principale di questo studio.

Immagine: blogs.scientificamerican.com

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