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Il futuro dell'oro nero sarà trattato a Vienna

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Il mondo sull'orlo di una guerra dei prezzi sul petrolio. La notizia è questa. Le aspettative per la riunione Opec del mese prossimo pesano molto sul mercato del petrolio. La riunione si svolgerà in un contesto di dissenso tra due blocchi di potere in un'organizzazione che controlla la linfa vitale dell'economia globale. Un gruppo segreto dei più potenti ministri petrolifere del mondo, dice Andrew Critchlow , giornalista per il Telegraph Media Group , si riunirà a Vienna per prendere probabilmente una delle decisioni più importanti che potrebbero influenzare l'economia mondiale ancora fragile: se tagliare la produzione di greggio per difendere i prezzi a 100 dollari al barile, o tenere aperti i rubinetti con l'inverno che si profila tra le più grandi nazioni che consumano energia. Un crollo improvviso del prezzo del greggio ha messo in luce profonde divisioni in seno all'Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (Opec) prima della sua riunione

Yellowston: un altro grave disastro ambientale da aggiungere alla lista?

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La rottura di un oleodotto della compagnia ExxonMobil , avvenuta tra Laurel and Billings, nel Montana, che sta interessando in particolar modo il Parco nazionale di Yellowston , il più antico del mondo, simbolo dell'ambientalismo americano, si quello di Yoghi e Bubu che han fatto divertire milioni di bambini e dichiarato dall' Unesco patrimonio dell'umanità , sta subendo un ulteriore disastro ambientale causato dall'oro nero, che bisognerà aggiungere alla lista qui presente . Per la Exxon , sono 160 mila i litri di greggio riversati nello Yellowstone river, la cui fonte è situata nell'omonimo parco nazionale. Per il governatore del Montana la quantità di greggio riversata nel fiume è molto di più di quella dichiarata dalla Exxon. Il colosso petrolifero ha assicurato di aver interrotto il flusso di greggio chiudendo la condottura, mentre squadre di tecnici hanno lavorato incessantemente per mettere in sicurezza l'area. Tuttavia, sinora, gli sforzi per

"Odyssey Dawn": un intervento militare troppo precipitoso

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Scattata alle ore 17: 45 del giorno 19 marzo l'operazione " Odyssey Dawn ", che secondo il Pentagono dovrebbe aver ridotto significativamente la capacità contraerea del regime libico, la cui reazione nella notte è stata rabbiosa ma inefficace, contro il potenziale di fuoco della coalizione. Alle ore 15 il cielo di Bengasi viene sorvolato da aerei da ricognizione francesi, che colpiscono 4 mezzi blindati libici e la città comincia a sperare. A disposizione delle operazioni c'è anche il sistema di monitoraggio ambientale italiano, COSMO-SkyMed , per l'osservazione iperspettrale della terra, che integrano le osservazioni radar con osservazioni nell'infrarosso visibile e ultravioletto. Nel giro di poche ore partono i primi attacchi dei jet francesi e subito dopo, dai cieli e dal mare, si scatena l'inferno. Vengono sparati 118 missili cruise di lungo raggio, i tomahawk, che coi loro bagliori luccicanti hanno illuminato la notte libica e colpito almeno 2

Nord Africa e Golfo: là dove eravamo rimasti...

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Così, mentre il mondo segue trepidante quello che accade in Giappone , dove un forte terremoto, seguito da un mostruoso tsunami e dalla paura di contaminazione radioattiva, per via dei gravi danni riportati dalla centrale nucleare di Fukushima, ha sconvolto la vita di centinaia di migliaia di persone, e dirottato, inevitabilmente, l'interesse generale... là dove eravamo rimasti , tutti a seguire le vicende riguardanti il desiderio di democrazia nei paesi del nord Africa e del mondo arabo, il rais libico Gheddafi guadagnando terreno nella rivolta in corso nel suo paese, in una delle sue tante infauste decisioni, fa bombardare dai suoi caccia la città d i Ajdabiya , a sud di Bengasi . Mentre i ribelli scorrazzano coi loro Pickup sgangherati e armati di mitragliatrici per le strade sabbiose, aspettando la no-fly zone che non arriva, l'offensiva dell'oro nero diventa ora marcia su Bengasi, capitale della rivolta, dove le truppe del colonnello, abbandonato assieme alla su

L'alba del nuovo impero - 4

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Quanto sta accadendo in Nord Africa, ma anche nel Medio Oriente e nella penisola arabica, dove la rivolta del popolo ha infiammato le piazze e le strade di molte capitali, è senza dubbio una vicenda epocale di proporzioni  gigantesche che, per la sua imprevedibilità, ha spiazzato l'intera comunità mondiale, oltre che il sottoscritto blogger, impegnato nella stesura de "L'alba del nuovo impero ", da cui però prende spunto per farne, almeno nella prima parte del presente post, il prologo ideale a tutto il discorso che si sta facendo da un po' di tempo. Questa rivolta dei poveri che chiedono dignità e pane, è nata in Tunisia nel momento in cui un giovane ambulante, che vendeva frutta e verdura per le strade col  suo carrettino, si è trovato a dover discutere con dei zelanti tutori dell'ordine, i quali servendosi di regolamenti, multe e vessazioni lo hanno condotto a compiere l'estremo sacrificio, appiccandosi fuoco con  la benzina e morendo così tra atroc

Maledetto oro nero

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Dilaga nell'area mediterranea e nel Medio Oriente l'insurrezione dei popoli contro storici regimi autoritari e dittatoriali: dalla Tunisia all'Egitto, dall'Algeria allo Yemen, dal Bahrain alla Libia, dove l'inossidabile "regno" di Gheddafi sta traballando paurosamente.  Proprio in Libia , in particolare a Bengasi in Cirenaica, seconda città del paese, la rivolta sta degenerando. Tantissimi morti, ospedali pieni, un bagno di sangue anche ad opera di crudeli mercenari di colore provenienti dal sud, oltre il deserto, che sparano all'impazzata per le strade e dai tetti dei palazzi di Bengasi e nelle zone costiere. Le immagini in gran parte rubate coi telefonini e affidate a Internet che riescono ad emergere dalla morsa della censura sul bagno di sangue tra i manifestanti in Libia, mostrano l'efferatezza degli scontri e della carneficina tuttora in atto.  In queste ore, in cui si vocifera che il colonello Gheddafi abbia già lasciato il Paese per il

Golfo del Messico: nulla sarà come prima

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Dopo vani tentativi, volti a interrompere il flusso della perdita del pozzo della British Petroleum che ha causato la mare nera nel Golfo del Messico, finalmente si è riusciti ad arrestare la fuoriuscita di petrolio, ma, probabilmente, nulla sarà più come prima: ci vorranno perlomeno dai 30 ai 50 anni per rimediare alle conseguenze del più grave disastro ecologico nella storia degli Stati Uniti d'America . In quasi quattro mesi le acque del Golfo hanno inghiottito l'equivalente di 5 milioni di barili di greggio , su cui, nel tentativo di salvare il salvabile,  sono stati riservati 7 milioni di litri di solventi.  Per gli ambientalisti, quello che non si vede non è scomparso. Quel subdolo liquido scuro, così vitale per la nostra vita tanto da essere definito oro nero , che a 1500 metri di profondità, fluendo nell'acqua schiarisce per la presenza di gas naturale, sale in superficie scomponendosi in molecole piccolissime, penetrando nei meccanismi ecologici ancora

I grandi disastri ambientali causati dall'oro nero

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La perforazione dei pozzi petroliferi e il trasporto dell'oro nero per il mondo, nel corso degli anni, hanno causato incidenti disastrosi oltre che effetti disastrosi per l'economia di molti pescatori. La Deepwater Horizon, che il presidente Obama ha definito un'altro 11 settembre per gli Stati Uniti, n'è testimone! Dopo l'esplosione della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon si è piegata su un fianco prima di affondare nel Golfo del Messico, causando la morte di 11 uomini, con la conseguenziale perdita di petrolio che ha versato nelle acque milioni e milioni di litri causando una gigantesca marea nera che come un mostro famelico si sta spingendo sulle coste orientali degli Stati Uniti, diventando una trappola fatale per tante speci di pesci e uccelli, rendendo scure e oleose le acque del Golfo. Il 18 settembre 2007, in Iraq, nel fiume Tigri, una esplosione sotto un gasdotto nella città settentrionale di Beiji, ha scatenato un incendio con la cons

Asia centrale: il nuovo Grande Gioco

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L' Asia centrale è il crocevia delle grandi potenze ed ha sempre rivestito un'importanza fondamentale nello scacchiere internazionale.  Probabilmente, le vicende che in questo periodo si stanno susseguendo in questo vasto territorio che divide l'Europa dall'Asia, saranno alla base delle strategie future che riguarderanno l'intero pianeta.   Un tempo era l'Impero britannico dal sud e l'imperialismo zarista dal nord i maggiori protagonisti di quanto accadeva nell'Asia centrale. Oggi l'impero britannico è sostituito dagli Stati Uniti e quello zarista dalla federazione russa, i quali entrambi ambiscono al controllo totale dell'Asia centrale ricco di risorse naturali ma anche a disporre dell'accesso che la regione fornisce al grande interscambio tra Russia, Cina, India e Medio Oriente.  La regione dell'Asia centrale è composta da cinque Stati sovrani, cioè Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan, Turkmenistan e Azerbaigian an

Il lato oscuro del progresso: "we have the energy"

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"We have the energy" dice un cartello all'ingresso di Fort McMurray , nello stato dell'Alberta, Canada, la più grande città in quella che un tempo era la terra degli Athabascan , popolo giunto dall'Asia 35 mila anni fa attraverso lo stretto di Bering , insediatosi in queste fredde terre dove l'inverno il termometro scende anche a meno 35. Fort McMurray , popolato da circa 80 mila anime, è situato fra la foresta boreale e la confluenza di quattro fiumi, e fa parte del comune di Wood Buffalo , una delle più vaste aree comunali dell'America del Nord. Ebbene, questo luogo, teatro della nuova corsa all'oro nero, che in tempi recenti ha visto fare colossali investimenti nell'industria petrolifera, è stato ribattezzato dalla stampa locale Fort McMoney . Giust'appunto sei anni orsono, con il prezzo del petrolio alle stelle, in questi territori che un tempo erano un paradiso incontaminato dei nativi americani, nella vasta regione denominata Athabasca