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E-waste: la questione si gonfia

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Il processo di commercializzazione e la valorizzazione capitalistica ha creato una vera e propria economia dei rifiuti , ha  osservato Bit Rot Project   il sito del fotografo freelance Valentino Bellini , le cui foto potete visualizzare qui   e qua . Nel 2012, in tutto il mondo sono stati generati 50 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici. Con la proliferazione di smartphone, smart watch e altri dispositivi elettronici, il numero è destinato ad aumentare. Le Nazioni Unite stimano che il volume di rifiuti elettronici prodotti in tutto il mondo salirà del 33 per cento entro il 2017, raggiungendo 65.000.000 di tonnellate. E' innegabile che il lusso moderno abbia un caro prezzo da pagare. Se i prodotti elettronici inutilizzati non restano in garage a raccogliere polvere, sono o riciclati o semplicemente gettati via. I Paesi occidentali stanno facendo uno sforzo maggiore per elaborare il proprio e-waste. E se negli Stati Uniti i rifiuti elettronici fanno solo il 2 per cen

Taiwan si concentra sul riciclaggio di terre rare

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Taiwan renderà il riciclaggio dei dispositivi elettronici  utilizzati un importante obiettivo di sviluppo, perché le rare earths  estratte sosterranno la produzione di energia rinnovabile e ridurranno la dipendenza esterna del paese su tali materiali. Questo è quanto si propone il professore della National Taiwan University Ma Hsiao-kang, specializzato in ingegneria meccanica. Taiwan potrebbe avere la capacità nei prossimi 10 anni di trattare i rifiuti elettronici, che possono contenere metalli come lutezio e terbio che sono fondamentali per le  tecnologie energetiche a basse emissioni di carbonio. Ma il paese ha bisogno di muoversi per raggiungere questo importante obiettivo, ha esortato lo studioso. " Stiamo parlando del potenziale di un enorme mercato, perché molti paesi non sono in grado di elaborare tali rifiuti," ha detto lo studioso ad una conferenza internazionale sul riciclaggio a Taipei. Taiwan spende attualmente 8 miliardi di dollari  all'anno per

Terre rare: il Giappone fa di necessità virtù

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Dopo essere stato messo in ginocchio dal colossale evento naturale che l'ha colpito lo scorso marzo, il Giappone tenta di rialzare la testa adattandosi subito alle circostanze che la nuova e drammatica realtà gli impone. Fare di necessità virtù, quindi! Ebbene, questo fiero popolo del Sol Levante, che già negli anni 70 diede prova delle sue straordinarie capacità facendo fronte in modo intelligente ad una grave crisi petrolifera, diventando in breve un nuovo leader mondiale nello sviluppo dell'industria automobilistica, sta provando di sfruttare l'interruzione nell'approvvigionamento di Rare Earth Elementi (REES), sospeso dalla Cina, leader mondiale di terre rare , con il Giappone come il più grande singolo cliente, per via di un battibecco diplomatico lo scorso anno, sostituendolo con il riciclaggio dei rari metalli. Nel lungo periodo , l'industria giapponese sta collaborando con altre miniere di REES di tutto il mondo per garantirsi un approvvigionamento pi

La corsa all'oro che non ti aspetti

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La corsa all'oro degli anni 2000 non ha nulla a che vedere con la mitica corsa all'oro tra le montagne e i deserti dell'ovest nell'America del XIX secolo. Oggi, sebbene ancora all'inizio di un'era tecnologica non più vecchia di 20 anni, essa si presenta con caratteristiche differenti muovendosi inaspettatamente su altri fronti, quali, ad esempio, le quattro mura di casa nostra. Chi non possiede o ha posseduto un computer, un telefono cellulare o un qualche aggeggio elettronico, in cui sono incorporati una miriade di metalli, molti dei quali ( oro, argento, rame, platino, iridio...) , oggi godono di prezzi quasi record. Ebbene, il fatto che poi questi oggetti diventano obsoleti nel giro di qualche anno (in Giappone, un Paese di 128 milioni di abitanti, si usa il cellulare per una media di due anni e otto mesi) , trasformandosi inevitabilmente in un rifiuto elettronico (non sempre semplice da smaltire) , rende questo nuovo tipo di caccia all'oro, estr

Brava Mrs Crowley!

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Si è messa in testa di liberare il grande minestrone di plastica galleggiante nell'oceano  ( Pacific Ocean's great 'garbage patch') . Si tratta della signora Mary Crowley, un entusiasta marinaio di lungo corso e avvocato, che l'estate scorsa, a bordo della sua maestosa nave a vela il Kaisei , ha avuto modo di vedere da vicino il Great garbage patch nel Pacifico.  In quell'occasione fu accompagnata da New Horizon , una nave di ricerca dello Scripps Institution of Oceanography di San Diego. Data la vastità dell'oceano, alcuni studenti universitari facenti capo al viaggio per Scripps erano pronti a trovare meno detriti plastici di quanto previsti. Ma dopo il viaggio il team di Scripps ha segnalato che la plastica effettivamente era là nel vortice e c'e n'era tantissima. Il Kaisei ha coperto 3.000 miglia marine dal 4 al 31 agosto, ed il suo equipaggio, lavorando giorno e notte, ha gettato in mare diverse reti a strascico, che una volta ritirate