Iran: sfida all'occidente

Lo stretto di Hormuz, il rubinetto del petrolio mondiale, rischia di essere chiuso dal regime di Teheran.

L'ultima provocazione è una campagna di esercitazione militare.

L'Iran schiera la sua marina nello stretto di Hormuz e da 10 giorni testa missili a lungo raggio, si esercita a bloccare la navigazione e intima agli stati uniti di allontanare definitivamente la portaerei USS Abraham Lincoln (affiancata da navi da guerra inglesi e francesi), intensificando i suoi avvertimenti bellicosi, giungendo persino ad affermare, per bocca di un anziano deputato, che nel caso dovesse chiudere lo stretto, come ha minacciato di fare, la portaerei americana "sarà il bottino di guerra dell'Iran.

Tuttavia, questo è solo un aspetto della loro strategia di deterrenza, dice Fariborz Haghshenass, un esperto di uno studio del 2008 sulla base di dottrine pubblicate delle Guardie rivoluzionarie islamiche (IRGC).  Ci sono anche Hezbollah e Hamas e gruppi di militanti attivi ai confini di Israele, pronti ad attivarsi nel caso la situazione si aggravasse. C'è tutta una serie di strategie deterrenti che hanno messo in atto, e lo Stretto di Hormuz è solo un aspetto,

Lo stretto di Hormuz è la piccola porta d'ingresso del golfo persico dove viene estratto e trasportato il 40% del petrolio mondiale.


L'Iran sa che è sufficiente minacciare la chiusura per fare aumentare il prezzo del greggio in tutto il mondo e bloccare le petroliere è il modo più semplice di minacciare i paesi occidentali. Per sfiorare lo scontro qui basta poco, come è già accaduto nel 2008 quando una lancia delle guardie della rivoluzione non cedette il passo ad una nave americana e per qualche minuto si rischiò uno scontro armato.

Oggi i pasdaran mandano di nuovo le loro navi nel Golfo Persico, mentre la comunità internazionale approva nuove sanzioni contro l'iran per il suo controverso programma nucleare.

L'europa, che ha tutto da perdere in questa situazione, sta cercando di premere l'Iran ad una nuova ripresa dei colloqui per riportarlo al tavolo delle trattative, in quanto sa che le misure adottate contro il regime potrebbero essere potenzialmente invalidanti e nuocere non tanto all'Iran quanto alle economie occidentali, Italia compresa.

Infatti, dal primo luglio 2012 nessun paese della UE potrà più acquistare, importare o trasportare il petrolio entrato in iran, che rappresenta circa il 20% del fabbisogno del vecchio continente. Vietate inoltre transazioni con la banca iraniana, congelati i beni all'estero, vietato il commercio di oro, metalli preziosi e diamanti.

Come frutto della tensione in corso gli effetti già si stanno sentendo con i prezzi che sono in rialzo.

Secondo l'unione italiana petrolio il nostro paese dipende dall'Iran per il 13% del suo fabbisogno (8 milioni di tonnellate nel 2011). Alcune aziende dovranno reperire altrove le materie prime di cui hanno bisogno. Diverse raffinerie dovranno fare modifiche tecniche per utilizzare il greggio proveniente da altri paesi. Tutte operazioni che avranno un costo: non solo sarà più cara la bolletta petrolifera nazionale ma potrebbe crescere (come sta avvenendo) anche il prezzo dei carburanti, che risentono di questa situazione internazionale che esiste sullo stretto di Hormuz e sul golfo persico in generale. Per cui aumentando i prezzi del greggio inesorabilmente andrà a colpire il prezzo della benzina.

Tuttavia, le sanzioni all'Iran potrebbero anche essere aggirate. Per questo il segretario al tesoro americano è stato in Estremo Oriente: ottenere il sostegno da parte della Cina e del Giappone, i primi partner commerciali dell'Iran, la cui politica energetica è orientata nel rifornire i paesi dell'area asiatica, in particolare Cina, Corea e India, i quali non saranno soggetti alle sanzioni e quindi, avendo delle condizioni di maggior vantaggio, anche in termini di costi nei riguardi dell'iran, potranno poi trasportare nuovi prodotti finiti nell'area del Mediterraneo, facendo ancora maggiore competizione con le industrie europee ed italiane.

Per ora nello stretto di Hormuz si sono formati i contrabbandieri che portano merci proibite dagli emirati all'iran ma se ci saranno problemi dalla vendita del petrolio, teheran promette che nello stretto di Hormiz torneranno presto le navi da guerra.

Fonte: notizie estrapolate da un servizio del TG2 e da www.alaskadispatch.com
Immagini: worldnewstribune.com - gtdaily.com

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