Clima 2015: un mondo da salvare
Alla fine dell'anno appena iniziato, in quello che è ampiamente considerato come l'ultima possibilità di salvare
il mondo dalle peggiori devastazioni del cambiamento climatico, 192 nazioni si sono impegnate a concordare un trattato globale sul clima, nella maratona di due settimane di negoziato a Parigi. Si tratta del più ambizioso
compito politico nella storia.
Il piano per ogni paese è che s'impegni a drastici tagli delle emissioni di carbonio per dare al mondo una possibilità ragionevole di limitare il riscaldamento globale a 2 ° C - oltre il quale le conseguenze diventano sempre più devastanti.
Nel 2014 la lotta per frenare il cambiamento climatico ha compiuto alcuni passi da gigante, alimentando le speranze che un trattato significativo può essere concordato, ma il compito da svolgere è ancora enorme - alcuni dicono insormontabile.
Il passo più grande del 2014, quello che ci dovrebbe far entrare in una nuova era nell'azione verso il cambiamento climatico, è stato l'impegno comune dei due più grandi inquinatori: Stati Uniti e Cina. Entrambi i Paesi si sono sempre opposti nell'affrontare il cambiamento climatico ed aderire al vecchio Protocollo di Kyoto. A novembre però, America e Cina hanno preso un impegno storico nella riduzione delle emissioni di anidride carbonica. La loro decisione di iscriversi alla causa è considerata un cambio importante del gioco: adesso sarà più difficile per altri Paesi nascondersi dietro la loro inazione.
Il più grande punto critico che sussiste, rimarcato ancora al vertice del cambiamento climatico di dicembre a Lima, è la feroce discussione tra le nazioni in via di sviluppo e i paesi ricchi del mondo, alla ricerca di quale migliore soluzione potrebbe essere condivisa.
I paesi poveri sostengono che le nazioni ricche hanno messo la maggior parte della CO2 in atmosfera per cui dovrebbero tagliare di più le loro emissioni inquinanti e dare ai Paesi in via di sviluppo la possibilità di recuperare. Le nazioni ricche accettano di avere un punto d'intesa, ma sostengono che i paesi in via di sviluppo stanno producendo una enorme - e crescente - porzione di anidride carbonica, che non possiamo più permetterci di mettere in atmosfera.
Nonostante il consenso scientifico schiacciante che il clima si va riscaldando e che gli esseri umani sono in gran parte responsabili, altri, più scettici si dimostrano efficaci nell'alimentare la semina del dubbio: in fondo è scomodo per molti dover frenare le emissioni di carbonio.
Ora però, il crollo del prezzo del petrolio, e il calo associato del prezzo del gas minaccia anche l'agenda verde, rendendo le fonti energetiche rinnovabili come l'eolico e il solare ancora più costose rispetto al potere di acquisto dei combustibili fossili. Per attrarre investimenti saranno necessari sussidi ancora più grandi, che saranno poi aggiunti nelle bollette energetiche che pagheranno le famiglie...
Mi sorge spontanea una domanda: quale politico s'immolerà nel portare avanti la causa?
Immagine: www.thegreenmarketoracle.com
Il piano per ogni paese è che s'impegni a drastici tagli delle emissioni di carbonio per dare al mondo una possibilità ragionevole di limitare il riscaldamento globale a 2 ° C - oltre il quale le conseguenze diventano sempre più devastanti.
Nel 2014 la lotta per frenare il cambiamento climatico ha compiuto alcuni passi da gigante, alimentando le speranze che un trattato significativo può essere concordato, ma il compito da svolgere è ancora enorme - alcuni dicono insormontabile.
Il passo più grande del 2014, quello che ci dovrebbe far entrare in una nuova era nell'azione verso il cambiamento climatico, è stato l'impegno comune dei due più grandi inquinatori: Stati Uniti e Cina. Entrambi i Paesi si sono sempre opposti nell'affrontare il cambiamento climatico ed aderire al vecchio Protocollo di Kyoto. A novembre però, America e Cina hanno preso un impegno storico nella riduzione delle emissioni di anidride carbonica. La loro decisione di iscriversi alla causa è considerata un cambio importante del gioco: adesso sarà più difficile per altri Paesi nascondersi dietro la loro inazione.
Il più grande punto critico che sussiste, rimarcato ancora al vertice del cambiamento climatico di dicembre a Lima, è la feroce discussione tra le nazioni in via di sviluppo e i paesi ricchi del mondo, alla ricerca di quale migliore soluzione potrebbe essere condivisa.
I paesi poveri sostengono che le nazioni ricche hanno messo la maggior parte della CO2 in atmosfera per cui dovrebbero tagliare di più le loro emissioni inquinanti e dare ai Paesi in via di sviluppo la possibilità di recuperare. Le nazioni ricche accettano di avere un punto d'intesa, ma sostengono che i paesi in via di sviluppo stanno producendo una enorme - e crescente - porzione di anidride carbonica, che non possiamo più permetterci di mettere in atmosfera.
Nonostante il consenso scientifico schiacciante che il clima si va riscaldando e che gli esseri umani sono in gran parte responsabili, altri, più scettici si dimostrano efficaci nell'alimentare la semina del dubbio: in fondo è scomodo per molti dover frenare le emissioni di carbonio.
Ora però, il crollo del prezzo del petrolio, e il calo associato del prezzo del gas minaccia anche l'agenda verde, rendendo le fonti energetiche rinnovabili come l'eolico e il solare ancora più costose rispetto al potere di acquisto dei combustibili fossili. Per attrarre investimenti saranno necessari sussidi ancora più grandi, che saranno poi aggiunti nelle bollette energetiche che pagheranno le famiglie...
Mi sorge spontanea una domanda: quale politico s'immolerà nel portare avanti la causa?
Immagine: www.thegreenmarketoracle.com
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