L'energia nucleare in Italia 2
post precedente
Intanto la ricerca va avanti. Per una possibile soluzione di questo problema bisognerà attendere quindi la quarta generazione, almeno un ventennio, dove lo sfruttamento delle risorse dovrebbe essere ottimizzato e la produzione di scorie ridotta al minimo.
In Francia, 58 centrali nucleari attive producono circa l'ottanta per cento del fabbisogno energetico, mentre l'Italia è fortemente dipendente dal petrolio e dal gas estero.
Ora, il ritorno al nucleare per l'Italia, dopo l'accordo tra Enel e la francese Eds, due ex monopolisti nazionali dell'energia, è più vicino. Le due multinazionali energetiche hanno firmato un'intesa per studiare la fattibilità e la successiva realizzazione di 4 impianti nucleari di terza generazione dell'energia atomica, più moderna e pulita, con reattori probabilmente di tipo Edr, nel nostro paese. Dovranno sorgere in posti non sismici con facile accesso all'acqua, lontani dai grandi centri.
Il nucleare poi va affiancato al solare, all'eolico, al geotermico per rientrare in linea con gli obiettivi fissati a livello europeo al 2020, dove si richiede un quinto dell'energia prodotta da fonti rinnovabili.
L'obiettivo del nostro ministro dello Sviluppo economico è di arrivare al 2020 con un mix energetico di rinnovabili al 25 per cento, un altro 25 per cento nucleare e il 50 per cento il fossile tradizionale. Ma per il Presidente dell'Istituto nazionale di Fisica nucleare Roberto Petronzo, intervistato al Tg2, forse il ministro Scaiola è stato troppo ottimista. Conti alla mano si può dire che oggi, con una centrale da 1.6 GW, per arrivare al 25 per cento di energia nucleare prodotta, significherebbe avere in funzione almeno 10, 12, 15 centrali... Ma già il raggiungimento di metà obiettivo sarebbe un successo.
Bisogna guardare al nucleare insieme alle rinnovabili, sottolinea il presidente dell'Enea Luigi Paganetto, senza contrapporle tra loro. Le fonti rinnovabili, cioè solare, eolico, biomasse, geotermico e biocombustibili sono energie che possono essere riprodotte. Tuttavia bisogna pensare che il solare, per essere prodotto su larga scala e per avere rendimenti adeguati, necessita di grandi spazi.
L'Enea, dice Paganetto. ha una tecnologia molto avanzata, una delle migliori al mondo, ed è certamente questa una scelta che potrebbe essere fatta per tutti i Paesi della sponda sud del Mediterraneo. Trattandosi di collezioni di raggi solari rispetto ad un tubo centrale, dove c'è una soluzione salina che va a 550 gradi che poi si trasforma in vapore, che a sua volta mette in moto una turbina, che crea quindi energia... ha bisogno di grandi estensioni territoriali, come potrebbero essere, appunto, le zone desertiche del Nord Africa o quei luoghi in cui vi siano grandi aree poco abitate.
Per quanto riguarda l'Italia, bisogna che essa vada adattata secondo le sue caratteristiche climatiche: l'eolico, che va bene in Germania, non va troppo bene da noi. Un vento che è solo un fattore 2 più lento in Italia vuol dire un fattore 10 di efficienza in meno, mentre il solare a concentrazione è ancora in fase di sviluppo. Tuttavia, nell'equilibrio generale, difficilmente le energie rinnovabili potranno avere la maggioranza dell'energia che possa andare a soddisfare il fabbisogno energetico, perchè c'è bisogno di potenza per soddisfarlo e garantire continuità. E questo, solo le energie fossili, lo garantiscono.
La qualità del nucleare è quella di non avere grossi impatti ambientali rispetto ai fossili. Inoltre, dal punto di vista economico basti pensare che un grammo di nucleare equivale a tonnellate e tonnellate di petrolio, il che significa una rilevante riduzione di CO2 nell'atmosfera.
Rientrare nel nucleare è dunque nelle intenzioni di un governo che vuole riagganciarsi al mondo tecnologico e tornare in possesso della competenza che le apparteneva prima del referendum abrogativo sul nucleare del 1987. Competenza che, per certi versi, malgrado si sia persa la capacità di costruire centrali nucleari ma anche la filiera d formazione e l'istruzione su larga scala, è ancora viva nello studio della fisica nucleare, ha detto Roberto Petronzo.
Sull'investimento che il governo dovrà fare, sono circolate, ovviamente, diverse voci. Si parla di 4 o 7 miliardi di euro per ogni centrale e di tempi troppo lunghi: la prima centrale dovrebbe essere messa in funzione proprio nel 2020. Il problema resta comunque, sempre lo stesso, cioè lo smaltimento delle scorie radioattive, senza contare poi che già da alcune regioni e da diversi comuni cominciano ad arrivare i primi no, grazie!
Fonte: EchoSistemInstitute
Intanto la ricerca va avanti. Per una possibile soluzione di questo problema bisognerà attendere quindi la quarta generazione, almeno un ventennio, dove lo sfruttamento delle risorse dovrebbe essere ottimizzato e la produzione di scorie ridotta al minimo.
In Francia, 58 centrali nucleari attive producono circa l'ottanta per cento del fabbisogno energetico, mentre l'Italia è fortemente dipendente dal petrolio e dal gas estero.
Ora, il ritorno al nucleare per l'Italia, dopo l'accordo tra Enel e la francese Eds, due ex monopolisti nazionali dell'energia, è più vicino. Le due multinazionali energetiche hanno firmato un'intesa per studiare la fattibilità e la successiva realizzazione di 4 impianti nucleari di terza generazione dell'energia atomica, più moderna e pulita, con reattori probabilmente di tipo Edr, nel nostro paese. Dovranno sorgere in posti non sismici con facile accesso all'acqua, lontani dai grandi centri.
Il nucleare poi va affiancato al solare, all'eolico, al geotermico per rientrare in linea con gli obiettivi fissati a livello europeo al 2020, dove si richiede un quinto dell'energia prodotta da fonti rinnovabili.
L'obiettivo del nostro ministro dello Sviluppo economico è di arrivare al 2020 con un mix energetico di rinnovabili al 25 per cento, un altro 25 per cento nucleare e il 50 per cento il fossile tradizionale. Ma per il Presidente dell'Istituto nazionale di Fisica nucleare Roberto Petronzo, intervistato al Tg2, forse il ministro Scaiola è stato troppo ottimista. Conti alla mano si può dire che oggi, con una centrale da 1.6 GW, per arrivare al 25 per cento di energia nucleare prodotta, significherebbe avere in funzione almeno 10, 12, 15 centrali... Ma già il raggiungimento di metà obiettivo sarebbe un successo.
Bisogna guardare al nucleare insieme alle rinnovabili, sottolinea il presidente dell'Enea Luigi Paganetto, senza contrapporle tra loro. Le fonti rinnovabili, cioè solare, eolico, biomasse, geotermico e biocombustibili sono energie che possono essere riprodotte. Tuttavia bisogna pensare che il solare, per essere prodotto su larga scala e per avere rendimenti adeguati, necessita di grandi spazi.
L'Enea, dice Paganetto. ha una tecnologia molto avanzata, una delle migliori al mondo, ed è certamente questa una scelta che potrebbe essere fatta per tutti i Paesi della sponda sud del Mediterraneo. Trattandosi di collezioni di raggi solari rispetto ad un tubo centrale, dove c'è una soluzione salina che va a 550 gradi che poi si trasforma in vapore, che a sua volta mette in moto una turbina, che crea quindi energia... ha bisogno di grandi estensioni territoriali, come potrebbero essere, appunto, le zone desertiche del Nord Africa o quei luoghi in cui vi siano grandi aree poco abitate.
Per quanto riguarda l'Italia, bisogna che essa vada adattata secondo le sue caratteristiche climatiche: l'eolico, che va bene in Germania, non va troppo bene da noi. Un vento che è solo un fattore 2 più lento in Italia vuol dire un fattore 10 di efficienza in meno, mentre il solare a concentrazione è ancora in fase di sviluppo. Tuttavia, nell'equilibrio generale, difficilmente le energie rinnovabili potranno avere la maggioranza dell'energia che possa andare a soddisfare il fabbisogno energetico, perchè c'è bisogno di potenza per soddisfarlo e garantire continuità. E questo, solo le energie fossili, lo garantiscono.
La qualità del nucleare è quella di non avere grossi impatti ambientali rispetto ai fossili. Inoltre, dal punto di vista economico basti pensare che un grammo di nucleare equivale a tonnellate e tonnellate di petrolio, il che significa una rilevante riduzione di CO2 nell'atmosfera.
Rientrare nel nucleare è dunque nelle intenzioni di un governo che vuole riagganciarsi al mondo tecnologico e tornare in possesso della competenza che le apparteneva prima del referendum abrogativo sul nucleare del 1987. Competenza che, per certi versi, malgrado si sia persa la capacità di costruire centrali nucleari ma anche la filiera d formazione e l'istruzione su larga scala, è ancora viva nello studio della fisica nucleare, ha detto Roberto Petronzo.
Sull'investimento che il governo dovrà fare, sono circolate, ovviamente, diverse voci. Si parla di 4 o 7 miliardi di euro per ogni centrale e di tempi troppo lunghi: la prima centrale dovrebbe essere messa in funzione proprio nel 2020. Il problema resta comunque, sempre lo stesso, cioè lo smaltimento delle scorie radioattive, senza contare poi che già da alcune regioni e da diversi comuni cominciano ad arrivare i primi no, grazie!
Fonte: EchoSistemInstitute
Commenti
Posta un commento
Sono ben accetti commenti seri, mentre verranno cancellati i commenti offensivi e boccacceschi.