Ieri giornata mondiale degli oceani contro la plastica...
Ieri giornata mondiale degli oceani contro la plastica...
Ne abbiamo parlato nel racconto "l'amuleto della libertà" sulla scritta in alto o a lato.
A quanto da allora, circa 10 anni fa, sul problema della plastica negli Oceani non sono stati fatti grandi progressi.
Be' eccovi il passaggio del racconto che vi propongo.
Il resto della giornata si svolse in aula in un'interessante incontro con il ritrovato professor Echos. Non accadeva da mesi e molti dei giovani non avevano mai avuto modo d’incontrarlo. Il che fu per lui un'occasione da non perdere per intavolare subito con loro un argomento scottante.
« Come credo alcuni di voi già sappiano, di recente è stato scoperto qualcosa che può essere definito benissimo come il settimo continente della Terra.» esordì spostando lentamente lo sguardo sui presenti che si erano accomodati ai tavolini.
«Il settimo continente!? E dove si trova?» domandò eccitato Larry dalla terza fila.
«E' stato localizzato a 500 miglia al largo della California, nell'Oceano Pacifico e si pensa possa essere grande due volte il Texas o, come pensano alcuni, addirittura quanto gli Stati Uniti, cioè 10 milioni di chilometri quadrati.» disse sollevando il righello sulla grande carta geografica.
«Caspita, più grande del Brasile!" esclamò Furio Molinari, assai interessato all'argomento.
«L'ha scoperto per caso un certo Charles Moore una dozzina d'anni fa mentre veleggiava al largo del Pacifico nord orientale seguendo una rotta di solito evitata dai pescatori per la scarsa presenza di vita marina» svelò il professore voltandosi verso l'aula. «In verità, se ne conosceva l'esistenza sin dagli anni 50, anche se poi a Moore va il merito, nell'era del web, di averne parlato per primo. Non pensiate però che sia un continente come gli altri. Magari lo fosse!» soggiunse, amaramente. « Si tratta invece di una zona amorfa, senza contorni distinti, che si sposta a seconda della stagione, fra i 23 e i 37 gradi di latitudine nord, per poi curvare verso sud e andare incontro a El Niño, il fenomeno meteorologico che nasce nelle acque del Pacifico tropicale e che ha importanti conseguenze per il clima di tutto il pianeta. Ma di questo ne parleremo in seguito. » precisò, tornando alla mappa, indicando con il righello la zona attorno all'equatore.
«Un continente che si muove, forte !» esclamò incredulo Toriello.
« Esatto, un continente che si muove! Solo che invece di essere un pezzo di terraferma solido e compatto, su cui ci si può camminare sopra per quanto la superficie è diventata uniforme, si tratta di un enorme ammasso di rifiuti nota come Great Pacific Garbage Patch, una vera isola di plastica, tenuta su da un gioco di correnti vorticanti che si muovono tranquillamente in questa zona del Pacifico che ho cerchiato in rosso.» disse mostrandola sulla carta. «Moore del Pacific Trash Vortex ha svelato al mondo la predominanza di plastica, ma questo vortice ha origini naturali, solo che sino a qualche decennio fa si trattava esclusivamente di un agglomerato di tronchi, erbe, alghe... Sembra che questo punto funga da accumulatore dei residui della civilizzazione» spiegò, indicando con il righello. «Ebbene, qui convogliano i rifiuti sintetici di mezzo mondo trasportati dal North Pacific Subtropical Gyre, una enorme massa di aria calda che si forma all'Equatore e che discende lenta a spirale in senso orario.»
«E dove vanno a finire questi rifiuti ?» chiese impaziente Omar, un egiziano mite e tranquillo, ospite fisso al castello come Michael.
«Be', restano lì fino a che non sopraggiunge una tempesta a smuovere le acque e allora i rifiuti vagano nell'oceano, arrivando sulle coste delle Hawaii, dove anche se si ripuliscono le spiagge, la plastica continua ad arrivare. Sembra che qualunque cosa galleggi, non importa da quale parte dell'oceano provenga, dopo un lento peregrinare nelle acque per una dozzina e più di anni... concluda qui il suo viaggio.» spiegò Echoswood, rendendosi conto di quanto l'argomento li avesse affascinati.
« Accidenti!» fece sbalordito Toriello con gli occhi puntati sulla carta geografica.
«E non si può sapere da dove arriva tutta questa plastica ? » domandò Pamela, figlia di un possidente newyorkese a cui piaceva trascorrere l'estate in Italia.
«In effetti, tutta questa plastica ha inizio con un percorso a terra, prosegue scendendo per fiumi e ruscelli, sfociando poi in mare aperto in una massa formata da pezzi riconoscibili ma soprattutto da frammenti infinitesimali, che non scompaiono ma diventano sempre più piccoli. Milioni di tonnellate che il mare ha inghiottito ma mai ingerito!».
«Ma non è possibile conoscere l'ampiezza reale di quest'isola di plastica? » chiese Tobia, un giovane dall'aspetto paffuto e colorito, seduto due posti dietro Toriello.
«Purtroppo no! Pare sia impossibile intercettare dai satelliti, poi è lontano dalle rotte di navigazione e galleggia poco sotto la superficie delle acque. Anzi, secondo il capitano Mooore, il peggio deve ancora essere scoperto! Perciò ora si è messo in testa di capire l'esatta estensione e la concentrazione di queste aree mai esplorate prima. Va rilevato che la quantità di plastica è sei volte superiore a quella del plancton... Il problema sta nel fatto che la maggior parte dei detriti marini sono biodegradabili... » proseguì assorto passeggiando tra i banchi.
«La plastica, al contrario, si disintegra nel mare in piccolissimi frammenti, alcuni dei quali raggiungono dimensioni di singole molecole che finiscono inevitabilmente nello stomaco di molluschi, pesci e volatili che la scambiano per cibo e conseguentemente entra nel ciclo alimentare con devastanti conseguenze.»
«Allucinante!» apostrofò Pamela rabbrividita.
«Già proprio così! Eppure in questa vasta zona di mare» disse, tornando alla carta geografica «confluisce di tutto: spazzolini da denti, bottiglie, accendini, siringhe, guanti, posaceneri, pompe per bicicletta, attrezzi giapponesi per allevare le ostriche, buste cinesi, cotton fioc, ombrelli indiani... Nello stomaco di un albatros è stato trovato persino un pezzo di plastica datato 1940... Senza contare che ci sono altre cose che entrano nel circolo alimentare più facilmente della plastica ma non lo vedi.»
«Fortuna che rimane tutto in superficie. » replicò Tobia, che ascoltava la lezione con vivo interesse.
«Be', questo è da vedere! E lo si capirà soltanto quando ci sarà un sottomarino robotico capace di raggiungere le alte profondità, come ad esempio i dieci chilometri della Fossa delle Marianne nell'Oceano Pacifico, il luogo più remoto e inaccessibile del pianeta.»
«E' disumano, professore!» intervenne ancora una volta Pamela con un senso di disgusto dipinto sul viso.
«Pensate, nel corso dell'esplorazione di questa enorme zuppa di plastica, che sembra mescolata da un invisibile cucchiaione, il gruppo di ricerca fondato da Moore, il quale come noi si prefigge di risvegliare le coscienze, ha potuto appurare che in mare restano solo frammenti verdi, bianchi, blu e neri, ma non quelli rossi, gialli e arancio. Si ipotizza che siano stati scelti da animali la cui alimentazione si basa sul colore.» svelò il professore avvertendo stupore e sbalordimento in tutti.
«Pazzesco, è un problema molto serio!» osservò Maciste
sbigottito.
«L'inquinamento plastico negli oceani è un argomento enorme che richiederebbe un'azione immediata» aggiunse Pamela sdegnata.
«Eh sì, la plastica è diventata una emergenza planetaria!» ribadì il professore tornando alla sua postazione. «E
sebbene la tecnologia offra la speranza di uno smaltimento più illuminato, il tempo stringe e questa enorme isola di plastica, la quale rappresenta a meraviglia la nostra era consumistica, è destinata a raddoppiare le sue dimensioni entro il 2030, ed allora...»
«... Allora saremo tutti sommersi dai rifiuti!» concluse Pamela con profonda tristezza.
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