Ecuador, Chevron Corp.: la resa dei conti
La battaglia legale che ha avuto inizio negli Stati Uniti nel 1993 e ripresa in Ecuador nel 2003, ha messo la multinazionale contro un avversario difficile, composto da una coalizione di tribù indigene e delle comunità.
Il verdetto è atteso all'inizio del prossimo anno. I querelanti sono pronti al confronto e la Chevron riconosce che può rischiare di perdere. Il caso è storico in diverse misure. Difatti, mai prima d'ora le popolazioni indigene hanno portato una multinazionale del petrolio ad un processo nel proprio paese. Inoltre, una vittoria segnerebbe un punto di svolta nelle relazioni tra le popolazioni indigene di tutto il mondo e le imprese straniere che operano nelle loro terre natie. E gli eventuali danni, secondo un esperto nominato dal tribunale, sono impressionanti: potrebbero raggiungere sino a 27 miliardi di dollari, quasi 10 volte superiori a quelli inizialmente assegnati alla parte querelante, dopo la fuoriuscita della Exxon Valdez.
Oggi, una parte del Rio delle Amazzoni ecuadoriano, grande circa 4000 chilometri quadrati, resta contaminato oltre ogni immaginazione. Nella zona vecchi oleodotti e pozzi abbandonati hanno creato una zona melmosa e maleodorante che avvelena anche le acque sottostanti, tant'è che gli avvocati dei querelanti hanno denominato la precedente zona di concessione della Texaco the "Amazon Chernobyl."
Intere comunità sono state contagiate da malattie devastanti, dovute all'incuranza delle compagnie dall'aver provveduto a mettere a norma le infiltrazioni da petrolio, giunte sin nelle abitazioni degli indios, il cui rancore è cresciuto nel tempo, alimentato da ragioni che hanno radici più profonde delle trivelle della stessa Texaco.
Fonte: www.latimes.com
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