"Chiudi il rubinetto": campagna di sensibilizzazione al risparmio idrico
"Chiudi il rubinetto" è un progetto di sensibilizzazione al risparmio idrico, voluto da Aquafresh (marchio GlaxoSmithKline Consumer Healthcare S.p.A.), che ha ottenuto il Patrocino dell’Assessorato all’Ambiente del Comune di Milano, il cui fine è rendere consapevoli i consumatori di quanto sia importante non sprecare neanche una goccia di acqua.
Per fare ciò, Aquafresh ha deciso di misurare "l'impronta idrica” del suo prodotto di punta, il dentifricio Tripla Protezione da 75ml. A tale scopo è stato analizzato da uno studio dell’agenzia di consulenza WSP, l’utilizzo della preziosa risorsa durante le diverse fasi di vita del prodotto prendendo in considerazione non solo l’intera supply chain (materie prime, packaging, impianto produttivo di Maidenhead (GB)) ma anche la fase di utilizzo da parte del consumatore.
Per la maggior parte dei prodotti la water footprint è diretta responsabilità dei produttori ma, da studi effettuati, è emerso che nel caso dei dentifrici questo rapporto si inverte. E’, infatti, proprio nel momento dell’utilizzo che si concentra la maggior parte dell’impatto idrico - pari a 281 litri per ogni tubetto di dentifricio, circa il 99% dell’intera impronta d’acqua - che diviene quindi diretta responsabilità del consumatore. Poiché parte di questo impatto è imputabile alla cattiva abitudine di lasciare il rubinetto aperto (lo studio, condotto in Inghilterra, ipotizza che il 50% dei consumatori lasci il rubinetto aperto mentre si lava i denti), Aquafresh ha deciso di lanciare il progetto “Chiudi il rubinetto”, una campagna di sensibilizzazione al risparmio idrico a 360° che, nel corso di sei mesi, vedrà protagonista il brand in diverse attività di comunicazione rivolte al consumatore.
Se si considera la quantità di acqua dolce che si utilizza per creare beni di consumo, si scopre che tutti gli oggetti di cui ci circondiamo portano con sé un loro contenuto d’acqua, detto “acqua virtuale”, “impronta idrica” o “water footprint”.
Il primo a teorizzare il concetto di acqua virtuale è stato il professor John Anthony Allan del King’s College London e School of Oriental and African Studies, nel 1993. E’ stato in seguito il Prof. Arjen Y. Hoekstra a raffinare questa teoria, creando l’indicatore dell' "impronta Idrica". Secondo la teoria del water footprint l’acqua virtuale insita in un prodotto può essere scorporate in tre componenti:
1 - "Green Virtual Water" – la quantità di acqua piovana che evapora durante il processo produttivo. Rilevante soprattutto in agricoltura, indica l’acqua piovana che va ad evaporare dal terreno durante la crescita delle colture. In ottica di sistema allargato è importante considerare la “green virtual water”, perché si tratta di acqua che viene sottratta alle falde acquifere e ai fiumi (e ovviamente all’ecosistema che su di essi si basa), perché intrappolata dalle colture agricole.
2 - "Blue Virtual Water" – il volume d’acqua, di superficie o di falda, che evapora nel corso del processo produttivo. Nel caso delle coltivazioni agricole si tratta dell’acqua di irrigazione evaporata dal terreno più quella evaporata dai canali di irrigazione e dalle riserve artificiali. Per i prodotti industriali si intende invece la quantità di acqua evaporata e che, prelevata dalle falde o dai bacini idrici, non viene re-immessa nel sistema idrico dalla quale proviene.
3 - "Grey Virtual Water" - si tratta del volume d’acqua che si va ad inquinare nel corso del processo produttivo. Si calcola considerando la quantità d’acqua necessaria per diluire gli agenti inquinanti immessi nel sistema idrico, come ad esempio l’acqua che un’industria deve utilizzare per diluire determinati agenti chimici inquinanti.
Ecco perché bere una tazzina di caffè da 125 ml., ad esempio, significa in realtà bere 140 litri di acqua virtuale. In altre parole dietro ogni goccia di caffè si nascondono più di 1.100 gocce d’acqua, che sono servite a crescere e a lavorare la pianta da cui i chicchi provengono. Una t-shirt di cotone porta con se 2.000 litri d’acqua virtuale, mentre un kilo di carne di manzo necessita addirittura di 15.500 litri.
Gli studi effettuati da Aquafresh per misurare in dettaglio il suo stesso impatto idrico - e in particolare l’utilizzo dell’acqua lungo le diverse fasi di vita del dentifricio Aquafresh Tripla Protezione da 75ml - sono stati condotti da WSP Group plc, agenzia di consulenza specializzata in conservazione e miglioramento ambientale. Tali ricerche hanno preso in considerazione l'acqua insita nelle seguenti fasi del ciclo di vita del prodotto presso l’impianto di produzione di Maidenhead, in Inghilterra:
1 - materie prime;
2 - packaging;
3 - acqua necessaria al funzionamento degli impianti;
4- fase di utilizzo del prodotto da parte del consumatore (partendo dall’ipotesi che il 50% dei consumatori inglesi lasci il rubinetto aperto mentre si lava i denti).
I risultati hanno messo in luce come sia proprio nella fase di utilizzo del dentifricio che si concentra la maggior parte dell’impatto idrico, pari a 281 litri per singolo tubetto di dentifricio: il 99,97% dell’intera impronta d’acqua del prodotto.
GlaxoSmithKline (GSK), la casa madre di Aquafresh, è molto impegnata dal punto di vista della responsabilità sociale e della sostenibilità ambientale. Per quanto riguarda il problema idrico, GSK ha avviato una procedura di razionalizzazione dell’uso dell’acqua con l’obiettivo di ridurre l’utilizzo di acqua per unità di vendita del 2% all’anno, raggiungendo già nel 2008 l’obiettivo che era stato prefissato per il 2010. Nel 2009 sono stati risparmiati altri 480 milioni di litri portando così ad una riduzione del 15% nell’uso della risorsa idrica rispetto al 2006.
Nel 2009 sono infatti stati consumati 19,02 miliardi di metri cubi d’acqua, contro i 22,01 miliardi di metri cubi del 2006. Questi risultati, che si riferiscono all’intera GSK, sono stato ottenuti grazie a processi di conservazione dell’acqua e di maggior efficienza nel processo produttivo. Inoltre GSK è firmataria del “UN Global Compact’s CEO Water Mandate”, uno schema di misurazione e riduzione dell’impatto idrico delle aziende patrocinato dall’ONU.
Un impegno che testimonia l’importanza che GSK e Aquafresh danno alla risorsa idrica come base per una qualità di vita accettabile e sana in tutto il mondo.
Lo “UN Global Compact’s CEO Water Mandate” impegna GSK a:
- migliorare la propria performance idrica presso i propri impianti produttivi e lungo la supply chain;
- lavorare con altre organizzazioni e con le istituzioni per incoraggiare pratiche e policy di sostenibilità idrica;
- collaborare con le comunità locali in cui GSK opera per sensibilizzare e concretamente aiutare riguardo al problema dell’acqua;
- essere puntale e trasparente nella reportistica riguardante l’utilizzo dell’acqua.
La campagna "Chiudi il rubinetto" è presente anche su Facebook, a questo indirizzo.
Si ringrazia la signora L. Vecchi per l'informazione.
Per fare ciò, Aquafresh ha deciso di misurare "l'impronta idrica” del suo prodotto di punta, il dentifricio Tripla Protezione da 75ml. A tale scopo è stato analizzato da uno studio dell’agenzia di consulenza WSP, l’utilizzo della preziosa risorsa durante le diverse fasi di vita del prodotto prendendo in considerazione non solo l’intera supply chain (materie prime, packaging, impianto produttivo di Maidenhead (GB)) ma anche la fase di utilizzo da parte del consumatore.
Per la maggior parte dei prodotti la water footprint è diretta responsabilità dei produttori ma, da studi effettuati, è emerso che nel caso dei dentifrici questo rapporto si inverte. E’, infatti, proprio nel momento dell’utilizzo che si concentra la maggior parte dell’impatto idrico - pari a 281 litri per ogni tubetto di dentifricio, circa il 99% dell’intera impronta d’acqua - che diviene quindi diretta responsabilità del consumatore. Poiché parte di questo impatto è imputabile alla cattiva abitudine di lasciare il rubinetto aperto (lo studio, condotto in Inghilterra, ipotizza che il 50% dei consumatori lasci il rubinetto aperto mentre si lava i denti), Aquafresh ha deciso di lanciare il progetto “Chiudi il rubinetto”, una campagna di sensibilizzazione al risparmio idrico a 360° che, nel corso di sei mesi, vedrà protagonista il brand in diverse attività di comunicazione rivolte al consumatore.
Se si considera la quantità di acqua dolce che si utilizza per creare beni di consumo, si scopre che tutti gli oggetti di cui ci circondiamo portano con sé un loro contenuto d’acqua, detto “acqua virtuale”, “impronta idrica” o “water footprint”.
Il primo a teorizzare il concetto di acqua virtuale è stato il professor John Anthony Allan del King’s College London e School of Oriental and African Studies, nel 1993. E’ stato in seguito il Prof. Arjen Y. Hoekstra a raffinare questa teoria, creando l’indicatore dell' "impronta Idrica". Secondo la teoria del water footprint l’acqua virtuale insita in un prodotto può essere scorporate in tre componenti:
1 - "Green Virtual Water" – la quantità di acqua piovana che evapora durante il processo produttivo. Rilevante soprattutto in agricoltura, indica l’acqua piovana che va ad evaporare dal terreno durante la crescita delle colture. In ottica di sistema allargato è importante considerare la “green virtual water”, perché si tratta di acqua che viene sottratta alle falde acquifere e ai fiumi (e ovviamente all’ecosistema che su di essi si basa), perché intrappolata dalle colture agricole.
2 - "Blue Virtual Water" – il volume d’acqua, di superficie o di falda, che evapora nel corso del processo produttivo. Nel caso delle coltivazioni agricole si tratta dell’acqua di irrigazione evaporata dal terreno più quella evaporata dai canali di irrigazione e dalle riserve artificiali. Per i prodotti industriali si intende invece la quantità di acqua evaporata e che, prelevata dalle falde o dai bacini idrici, non viene re-immessa nel sistema idrico dalla quale proviene.
3 - "Grey Virtual Water" - si tratta del volume d’acqua che si va ad inquinare nel corso del processo produttivo. Si calcola considerando la quantità d’acqua necessaria per diluire gli agenti inquinanti immessi nel sistema idrico, come ad esempio l’acqua che un’industria deve utilizzare per diluire determinati agenti chimici inquinanti.
Ecco perché bere una tazzina di caffè da 125 ml., ad esempio, significa in realtà bere 140 litri di acqua virtuale. In altre parole dietro ogni goccia di caffè si nascondono più di 1.100 gocce d’acqua, che sono servite a crescere e a lavorare la pianta da cui i chicchi provengono. Una t-shirt di cotone porta con se 2.000 litri d’acqua virtuale, mentre un kilo di carne di manzo necessita addirittura di 15.500 litri.
Gli studi effettuati da Aquafresh per misurare in dettaglio il suo stesso impatto idrico - e in particolare l’utilizzo dell’acqua lungo le diverse fasi di vita del dentifricio Aquafresh Tripla Protezione da 75ml - sono stati condotti da WSP Group plc, agenzia di consulenza specializzata in conservazione e miglioramento ambientale. Tali ricerche hanno preso in considerazione l'acqua insita nelle seguenti fasi del ciclo di vita del prodotto presso l’impianto di produzione di Maidenhead, in Inghilterra:
1 - materie prime;
2 - packaging;
3 - acqua necessaria al funzionamento degli impianti;
4- fase di utilizzo del prodotto da parte del consumatore (partendo dall’ipotesi che il 50% dei consumatori inglesi lasci il rubinetto aperto mentre si lava i denti).
I risultati hanno messo in luce come sia proprio nella fase di utilizzo del dentifricio che si concentra la maggior parte dell’impatto idrico, pari a 281 litri per singolo tubetto di dentifricio: il 99,97% dell’intera impronta d’acqua del prodotto.
GlaxoSmithKline (GSK), la casa madre di Aquafresh, è molto impegnata dal punto di vista della responsabilità sociale e della sostenibilità ambientale. Per quanto riguarda il problema idrico, GSK ha avviato una procedura di razionalizzazione dell’uso dell’acqua con l’obiettivo di ridurre l’utilizzo di acqua per unità di vendita del 2% all’anno, raggiungendo già nel 2008 l’obiettivo che era stato prefissato per il 2010. Nel 2009 sono stati risparmiati altri 480 milioni di litri portando così ad una riduzione del 15% nell’uso della risorsa idrica rispetto al 2006.
Nel 2009 sono infatti stati consumati 19,02 miliardi di metri cubi d’acqua, contro i 22,01 miliardi di metri cubi del 2006. Questi risultati, che si riferiscono all’intera GSK, sono stato ottenuti grazie a processi di conservazione dell’acqua e di maggior efficienza nel processo produttivo. Inoltre GSK è firmataria del “UN Global Compact’s CEO Water Mandate”, uno schema di misurazione e riduzione dell’impatto idrico delle aziende patrocinato dall’ONU.
Un impegno che testimonia l’importanza che GSK e Aquafresh danno alla risorsa idrica come base per una qualità di vita accettabile e sana in tutto il mondo.
Lo “UN Global Compact’s CEO Water Mandate” impegna GSK a:
- migliorare la propria performance idrica presso i propri impianti produttivi e lungo la supply chain;
- lavorare con altre organizzazioni e con le istituzioni per incoraggiare pratiche e policy di sostenibilità idrica;
- collaborare con le comunità locali in cui GSK opera per sensibilizzare e concretamente aiutare riguardo al problema dell’acqua;
- essere puntale e trasparente nella reportistica riguardante l’utilizzo dell’acqua.
La campagna "Chiudi il rubinetto" è presente anche su Facebook, a questo indirizzo.
Si ringrazia la signora L. Vecchi per l'informazione.
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