La Nina... questa terribile sconosciuta.
Sulla scia di El Nino, che quest'anno si è fatto sentire con piogge eccessive in Brasile; con una siccità devastante in un'ampia fascia del sud est asiatico, mettendo a dura prove le economie di una regione, considerata il più grande produttore mondiale di olio di palma, riso e gomma e uno dei principali fornitori di caffè e cacao, ove la scarsità delle precipitazioni ha fiaccato la resa di aziende agricole e piantagioni; distruggendo 500.000 tonnellate di mais nelle Filippine; costringendo la Thailandia, il più grande esportatore di riso al mondo a tagliare d'un 5% la stima della principale coltura del cereale compromesso dalla siccità e dalla diffusione dei parassiti; spaventando l'India, dove anche se El Nino non ha inciso come lo scorso anno, che non aveva visto un fenomeno così devastante da 37 anni, ma lascia tuttora piuttosto scettici gli analisti, che temono una spinta verso l'alto dei prezzi interni e mondiali di cereali, zucchero, semi oleosi e lenticchie... si sta profilando all'orizzonte l'arrivo del fenomeno metereologico meno conosciuto chiamato La Nina.
Secondo il U.S. NOAA, il centro di previsione climatica degli Stati Uniti, ci sono buone probabilità che La Nina possa svilupparsi a metà del 2010.
I termini El Nino, la Nina e Southern Oscillation designano una interconnessione tra oceano ed atmosfera che influenza questi due fattori, ma più in generale influenza l’andamento del tempo atmosferico su tutto il pianeta. Insieme formano un ciclo potente e vengono chiamati ENSO (El Niño Southern Oscillation), il quale consiste in un sistema climatico fluttuante d'interazioni fra oceano e atmosfera, che è conseguenza diretta della circolazione oceanica e atmosferica terrestre. Con questo ciclo si possono relazionare tra loro fenomeni diversi come la temperatura marina superficiale nei pressi dell’Indonesia, la pesca delle acciughe al largo del Perù, la direzione dei venti alisei, le precipitazioni e le temperature negli Stati Uniti.
L'analisi dei dati climatici storici di oltre 100 anni indica che El Nino e La Nina sono legati a modelli statisticamente anomali della temperatura, delle precipitazioni e delle tempeste di tutto il mondo. Queste influenze sono più forti nei tropici e nel sudest asiatico, ma gli impatti seppur più deboli, di tanto in tanto si estendono all'Europa. Ad esempio, vi è un forte legame tra ENSO e le normali pesanti piogge di primavera nel centro e nel sud del Regno Unito.
Se El Nino tipicamente porta piogge torrenziali in Sud America, e siccità nel sud est asiatico (in particolare in Indonesia), con La Nina tutto ciò s'inverte: gli eventi de La Nina sono associati ad un aumento dell'umidità nel Pacifico occidentale, in particolare in Australia orientale e in Asia, e di condizioni più asciutte in Sud America. Al momento, grandi masse di acqua più fredda del normale si muovono sotto la superficie dell'Oceano Pacifico, evidenziando che un ulteriore raffreddamento della superficie è probabile. La maggior parte delle previsioni basate su modelli climatici suggeriscono che il Pacifico tropicale si raffredderà ulteriormente nei prossimi mesi, con il possibile sviluppo di condizioni del fenomeno de La Nina verso la fine della primavera, nell'emisfero australe. C'è da dire, tuttavia, che entrambi i fenomeni costituiscono un'incognita per coloro dediti alle previsioni del tempo.
Mentre con El Nino gli alisei si indeboliscono e la forte risalita di acqua fredda (corrente di Humboldt) proveniente dall'Antartide forma quella pozza d'acqua calda davanti al Perù a cui si devono gli sconvolgimenti del tempo, con La Nina gli alisei si rafforzano, aumenta la risalita di acqua fredda nell’oceano e il Pacifico orientale è più freddo del normale. Questo è reso possibile in quanto tutto l’oceano possiede in profondità correnti fredde, mentre in superficie la temperatura è maggiore ed è in stretta relazione tra oceano e atmosfera. Nella fascia di transizione, chiamata "termoclino", la temperatura cambia molto velocemente, permettendo, in tal modo, all'acqua di estendersi.
Normalmente La Nina tende ad aumentare l'attività degli uragani dell'Atlantico e diminuire gli uragani nell'Oceano Pacifico. Pertanto, ciò solleva il rischio reale di più tempeste in via di sviluppo durante la stagione degli uragani atlantici, che di solito ha inizio i primi di giugno. E' ovvio che in una zona dove le armate della natura non mancano mai, cioè nelle aree del Golfo del Messico, alle prese tuttora con il grave disastro ambientale causato dalla marea nera scaturita dal grave danno della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon, e dove, secondo il Dipartimento dell'Energia degli Stati Uniti, si concentra circa il 27 per cento del petrolio statunitense e il 15 per cento della produzione di gas naturale degli Stati Uniti, nonchè buona parte dell'industria petrolifera offshore statunitense, induce a qualche preoccupazione, di certo di natura ambientale e umana, ma anche di natura economica, legata ad un aumento del prezzo del gas naturale e del petrolio... E in un contesto come quello attuale, dove in Europa e altrove infuria la tempesta finanziaria... anche questa è una cattiva notizia.
Immagine: www.newsdesk.umd.edu
Secondo il U.S. NOAA, il centro di previsione climatica degli Stati Uniti, ci sono buone probabilità che La Nina possa svilupparsi a metà del 2010.
I termini El Nino, la Nina e Southern Oscillation designano una interconnessione tra oceano ed atmosfera che influenza questi due fattori, ma più in generale influenza l’andamento del tempo atmosferico su tutto il pianeta. Insieme formano un ciclo potente e vengono chiamati ENSO (El Niño Southern Oscillation), il quale consiste in un sistema climatico fluttuante d'interazioni fra oceano e atmosfera, che è conseguenza diretta della circolazione oceanica e atmosferica terrestre. Con questo ciclo si possono relazionare tra loro fenomeni diversi come la temperatura marina superficiale nei pressi dell’Indonesia, la pesca delle acciughe al largo del Perù, la direzione dei venti alisei, le precipitazioni e le temperature negli Stati Uniti.
L'analisi dei dati climatici storici di oltre 100 anni indica che El Nino e La Nina sono legati a modelli statisticamente anomali della temperatura, delle precipitazioni e delle tempeste di tutto il mondo. Queste influenze sono più forti nei tropici e nel sudest asiatico, ma gli impatti seppur più deboli, di tanto in tanto si estendono all'Europa. Ad esempio, vi è un forte legame tra ENSO e le normali pesanti piogge di primavera nel centro e nel sud del Regno Unito.
Se El Nino tipicamente porta piogge torrenziali in Sud America, e siccità nel sud est asiatico (in particolare in Indonesia), con La Nina tutto ciò s'inverte: gli eventi de La Nina sono associati ad un aumento dell'umidità nel Pacifico occidentale, in particolare in Australia orientale e in Asia, e di condizioni più asciutte in Sud America. Al momento, grandi masse di acqua più fredda del normale si muovono sotto la superficie dell'Oceano Pacifico, evidenziando che un ulteriore raffreddamento della superficie è probabile. La maggior parte delle previsioni basate su modelli climatici suggeriscono che il Pacifico tropicale si raffredderà ulteriormente nei prossimi mesi, con il possibile sviluppo di condizioni del fenomeno de La Nina verso la fine della primavera, nell'emisfero australe. C'è da dire, tuttavia, che entrambi i fenomeni costituiscono un'incognita per coloro dediti alle previsioni del tempo.
Mentre con El Nino gli alisei si indeboliscono e la forte risalita di acqua fredda (corrente di Humboldt) proveniente dall'Antartide forma quella pozza d'acqua calda davanti al Perù a cui si devono gli sconvolgimenti del tempo, con La Nina gli alisei si rafforzano, aumenta la risalita di acqua fredda nell’oceano e il Pacifico orientale è più freddo del normale. Questo è reso possibile in quanto tutto l’oceano possiede in profondità correnti fredde, mentre in superficie la temperatura è maggiore ed è in stretta relazione tra oceano e atmosfera. Nella fascia di transizione, chiamata "termoclino", la temperatura cambia molto velocemente, permettendo, in tal modo, all'acqua di estendersi.
Normalmente La Nina tende ad aumentare l'attività degli uragani dell'Atlantico e diminuire gli uragani nell'Oceano Pacifico. Pertanto, ciò solleva il rischio reale di più tempeste in via di sviluppo durante la stagione degli uragani atlantici, che di solito ha inizio i primi di giugno. E' ovvio che in una zona dove le armate della natura non mancano mai, cioè nelle aree del Golfo del Messico, alle prese tuttora con il grave disastro ambientale causato dalla marea nera scaturita dal grave danno della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon, e dove, secondo il Dipartimento dell'Energia degli Stati Uniti, si concentra circa il 27 per cento del petrolio statunitense e il 15 per cento della produzione di gas naturale degli Stati Uniti, nonchè buona parte dell'industria petrolifera offshore statunitense, induce a qualche preoccupazione, di certo di natura ambientale e umana, ma anche di natura economica, legata ad un aumento del prezzo del gas naturale e del petrolio... E in un contesto come quello attuale, dove in Europa e altrove infuria la tempesta finanziaria... anche questa è una cattiva notizia.
Immagine: www.newsdesk.umd.edu
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