Durban: un inadeguato accordo sul clima raggiunto solo in onore di Nelson Mandela

Dal nostro inviato a Durban John Keyman

Onde evitare che in futuro il nome di Durban venga associato ad un fiasco, dopo dodici giorni di trattative regolamentari e 36 ore di tempi supplementari, praticamente in zona Cesarini, si è trovato il solito accordo compromesso come già  era avvenuto nelle passate conferenze.  Via libera quindi alla tabella di marcia che porterà all'adozione di un accordo globale salva-clima entro il 2015, in vigore però solo dal 2020.  Lo hanno deciso i partecipanti alla 17esima Conferenza mondiale sul clima a Durban, in Sudafrica. Trovato anche un accordo per il "Kyoto 2", che regolerà i flussi delle emissioni di gas serra nel periodo 2012-2015.                

C'è chi lo definisce, forse un po' troppo pomposamente, un accordo storico, come spiega un comunicato della Commissione europea, solo perchè l'Ue aveva espresso il desiderio di una maggiore ambizione, facendo applicare le decisioni prese a Copenaghen e Cancun. Sono in molti però a criticare la lentezza del processo.

D'ora in poi il protocollo di Kyoto, il quadro giuridico che doveva scadere il prossimo anno, esistiterà "solo di nome", e sarà sostituito da un accordo futuro in cui i 193 paesi membri della Un Framework Convention on Climate change hanno stabilito di concludere entro il 2015 un accordo legalmente vincolante sul clima che dovrà entrare in vigore entro il 2020.

Nel mentre, "l'azione contro i cambiamenti climatici nel 2020 arriverà un decennio più tardi per i poveri in prima linea - mentre invece ne hanno urgente bisogno adesso",come spiega Mohamed Adow, portavoce di Christian Aid, l'ente di beneficenza di sviluppo internazionale presente in 50 nazioni che si pone l'obiettivo di sradicare la povertà. "Le loro vite sono già devastate da inondazioni, siccità, mancate piogge, tempeste mortali, fame e malattie e sappiamo che questi disastri peggioreranno e saranno più frequenti, come morsi del cambiamento climatico".

Adow ha detto che l'unico "risultato importante" dei colloqui di Durban, dopo due anni e mezzo di dispute tra 193 nazioni, è stato l'accordo riguardante il Fondo verde sul clima, un'iniziativa nata al Summit 2009 di Copenaghen, e che presto dovrebbe avere in dotazione personale e uffici. "Ma il Fondo rimane vuoto e così i paesi debbono continuare a lavorare per identificare nuove fonti da 100 miliardi di dollari l'anno, che debbono essere disponibili per i pæsi poveri entro il 2020, per aiutarli a far fronte ai cambiamenti climatici e perseguire lo sviluppo sostenibile."

Con l'approvazione di un percorso verso un accordo che per la prima volta porterà tutti i principali emettitori di gas serra sotto un unico tetto legale, se approvato come previsto nel 2015, il patto sarà operativo dal 2020 e diventare l'arma principale nella lotta contro il cambiamento climatico.

Maite Nkoana-Mashabane, ministro degli Esteri del Sudafrica, che ha presieduto la 17esimo conferenza Onu sul clima si era appellata alla sessione plenaria di concludere un accordo vincolante prima della fine della conferenza. Finchè, alle 4.44 del mattino tra il 10 e l'11 dicembre, ora di Durban, il martelletto di Maite Nkoana-Mashabane, per tutti "Madam Chair", signora presidente, si è abbattuto liberatorio sulla lunga cattedra della "Baobab Plenary", l’aula delle riunioni plenarie, dicendo: "Approvato!"


La Conferenza ONU sul Clima (COP17) era iniziata in crescendo, con i negoziatori che ripetutamente dicevano: "Lavoriamo insieme per salvare oggi domani". Christiana Figueres era esultante. Il capo dell'UNFCCC aveva  scelto di aprire il vertice di Durban, citando Nelson Mandela e la sua memorabile osservazione che dice "sembra sempre impossibile fino a quando non viene fatto"

Dal canto suo, il capo negoziatore statunitense Todd Stern ha detto che ha pensato che alla fine il congresso si concludesse  "abbastanza bene".

Per il ministro dell'Ambiente Greg Combet che ha rappresentato l'Australia i risultati raggiunti in Sud Africa sono una buona notizia per l'ambiente.

Mentre invece Karl Hood di Grenada, che rappresenta una coalizione di piccoli Stati insulari ha contestato la lingua di testo nel progetto, che non ha specificato che forma giuridica l'accordo avrebbe preso. "... E se non c'è uno strumento giuridico attraverso il quale si possano  rendere i paesi responsabili delle loro azioni allora, signora Presidente (rivolto a Maite Nkoana-Mashabane), sto dicendo che stiamo relegando le economie vulnerabili ai capricci e alle immaginazioni di belle parole come "autodeterminazione" come "accesso allo sviluppo", così mentre si sviluppano, "moriamo nel processo ".

Il seguito di tutto ciò potremo vederlo soltanto tra il 26 novembre e l' 8 dicembre del 2012 (qualche settimana prima della fine del mondo!!!), nella prossima Conferenza delle Parti (Cop18), che sarà presieduto e ospitato dal Qatar.

Immagini: inhabitat.com  - businessgreen.com/

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