Si chiude COP21 ma da Parigi si riparte con rinnovato entusiasmo
Seguito dalle immancabili manifestazioni vietate per le strade di Parigi contro l'accordo, dopo 12 giorni e mesi di preparativi da parte degli sherpa, si è concluso a Le Bourget il summit sul clima che ha riunito delegazioni di circa 200 Paesi, che sono poi le componenti della Conferenza delle Parti della Convenzione Quadro sui cambiamenti climatici.
Con alle spalle l'Arco di Trionfo, la manifestazione antiaccordo ha riunito giovani di tutte le nazionalità per manifestare il loro dissenso sugli accordi sul clima raggiunti. Ci sono anche gli abitanti delle isole Hawaii che chiedono rispetto per il loro ecosistema. Sono quasi tutti giovani che, tra venti, trenta anni, sperimenteranno in prima persona le grandi cose fatte in un lungo periodo di decarbonizzazione e che si troveranno a vivere in pieno l'ora della verità su quello che l'uomo ha combinato oggi a Parigi. Individui d'ogni parte che chiedono giustizia climatica, che vogliono cambiare l'approccio sul modo in cui viene oggi trattato il clima. La parola d'ordine per loro era "ritrovarsi qui" sull'Avenue de la Grande Armée con qualcosa di rosso, giubbotti, sciarponi, maglioni, cappucci, striscioni, bandiere delle varie associazioni, organizzazioni in difesa del clima, tutto rosso... sotto gli occhi degli agenti di Polizia francese in tenuta antisommossa pronti ad intervenire in caso di disordini.
Prima dell'accordo
Il testo finale doveva raggiungere un accordo auspicato da tutti, e in gran parte ci si è riusciti, a quanto pare grazie anche all'apporto della vicepresidente peruviana della Conferenza, che sembra abbia dato lo stimolo necessario (grandi applausi in sala per lei), e in qualche modo c'è riuscita. Questo, prima che la palla passi al Marocco, il prossimo anno.
Stavolta Europa, Stati Uniti, Cina, India e il blocco petrolifero arabo non hanno fatto alcuna resistenza.
I delegati, dopo aver passato notti insonni a rivedere, correggere, risolvere centinaia di punti, a poche ore dalla Presentazione del documento finale, poichè sanno che è un momento in cui certe decisioni sono inderogabili, si sono ritrovati in sintonia nel sostenere che gli argomenti più critici erano tre:
Differenziazione o meglio come definire gli obblighi diversi nella lotta al riscaldamento climatico per Paesi che hanno diversi livelli di sviluppo. La differenziazione è al cuore delle preoccupazioni cinesi.
Finanziamenti - Quali impegni dei paesi ricchi grandi inquinatori storici verso i Paesi poveri per i danni causati dai cambiamenti climatici. Su queste tematiche la Cina, ad esempio, sta facendo investimenti in Africa. Cina e Stati Uniti che non amano essere soggetti a controlli internazionali, non vogliono impegnarsi in maniera del tutto vincolante.
Ambizioni - Se puntare ad eliminare del tutto dall'economia le emissioni nocive in atmosfera o solo ridurle. Se puntare a contenere il riscaldamento climatico entro 2 gradi o entro un grado e mezzo a fine secolo.
Diciamo che su questi tre punti chiave, il COP21 ha risposto bene, dando un segno di consapevolezza tra i delegati che sanno che non è il caso di rinviare. Bisognerà poi vedere la controprova in primavera quando il testo di COP21 dovrà essere ratificato dai Parlamenti e serve il SI di 50 Paesi per farlo entrare in vigore.
Abbiamo trovato un accordo
"Abbiamo trovato un accordo che è articolato, giusto, durevole, dinamico e vincolante" ed è un accordo che vale un secolo, ha detto, in sintesi, il Presidente della Conferenza il ministro Fabius che ha parlato alla platea.
Nell'accordo i Paesi firmatari s'impegnano a mantenere la temperatura del pianeta al di sotto dei 2° facendo il massimo degli sforzi per attestarsi su 1 grado e mezzo.
Questo accordo aiuterà le isole del Pacifico, ha assicurato il ministro francese Fabius, tutelerà dall'innalzamento del livello del mare. L'accordo ha contentato, naturalmente, gli stati insulari più esposti alle conseguenze del cambiamento climatico che se non venisse frenato potrebbe far salire i mari di quasi 1 metro già alla fine di questo secolo.
Per centrare l'obiettivo le parti s'impegnano a raggiungere il prima possibile il picco delle emissioni di gas per poi ridurle. Questo potrebbe essere visto come un segnale per i mercati energetici, innescando un cambiamento fondamentale lontano da investimenti in carbone, petrolio e gas come fonti di energia primaria verso zero-carbonio fonti di energia eolica, solare e nucleare.
I Paesi industrializzati si sono poi impegnati a mettere 100 MLD di dollari l'anno, da qui al 2020, data in cui entrerà in vigore l'accordo, per mitigazione e adattamento, per il trasferimento delle tecnologie nelle aree più povere, aiutando questi Paesi a fronteggiare le conseguenze dell'effetto serra già in atto, con le inondazioni e la desertificazione. Si tuteleranno inoltre le foreste dei Paesi latino-americani.
Le parti convengono che il picco nelle emissioni di gas serra vada raggiunto il prima possibile per poi altrettanto velocemente cominciare a scendere. Scientificamente significa che dobbiamo raggiungere il picco non oltre il 2015, 2020 cioè "emissioni ora" dopodichè ridurre su un percorso molto ripido le emissioni di 4, 5, 6 in percentuale ogni anno per avere un'economia per il 2045- 50 decarbonizzata. E' un percorso difficile, ambizioso, ma che si può raggiungere se tutti i Paesi del mondo s'impegnano e gli obiettivi nazionali sono in linea con la scelta.
Lo scopo è giungere ad un equilibrio tra le emissioni da attività umane e le rimozioni di gas serra, dopo il 2050. Ogni 5 anni, a partire dal 2020, le Nazioni provvederanno ad un bilancio collettivo dei progressi e sempre ogni 5 anni dovranno rinnovare gli impegni nazionali di taglio di gas serra per raggiungere gli obiettivi fissati e quelli futuri, che non potranno essere meno ambiziosi rispetto ai precedenti. Anche la Cina finora ostile all'idea di uno sviluppo che prescinda dal combustibile fossile ha accettato il graduale passsaggio dal carbone alle rinnovabili.
Il primo bilancio sull'attuazione dell'intesa ci sarà nel 2023, successivamente la revisione avverà ogni 5 anni.
Dal momento che l'accordo di Copenaghen è crollato, studi scientifici hanno confermato che i primi effetti del cambiamento climatico hanno iniziato a spazzare tutto il pianeta. Mentre gli scienziati una volta avvertito che il cambiamento climatico è un problema per le generazioni future, recenti rapporti scientifici hanno concluso che sta iniziando a devastare ora, dalle inondazioni in Miami per la siccità e la carenza di acqua in Cina.
Parigi è un punto di partenza. Ora abbiamo bisogno di azioni coerenti con la scienza per raggiungere la decarbonizzazione entro il 2050 e uno sviluppo sostenibile, ha spiegato Johan Rockström, direttore esecutivo dello Stockholm Resilience Centre. Con decarbonizzazione, si intende il totale abbandono di carburanti fossili, anche se la formula prevista nel testo implica invece la possibilità di poter continuare a usare questo tipo di carburanti.
Ci si avvia in tal modo verso un periodo di decarbonizzazione, che permetterà comunque la nascita di nuovi posti di lavoro perchè ci saranno nuove industrie, nuove startup, nuove idee rivolte alla green economy e alle energie rinnovabili. E per i giovani che vogliono cambiare il mondo, già da ora, potrebbe essere un'occasione da non lasciarsi sfuggire.
Immagini: paristext2015.com - alliedchimneyny.com
from John Kayman da Parigi e da redazione in casa
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