L'amuleto della libertà 10 - racconto sul web


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Silenzioso e cupo il giovane malgascio si avvicinò a Yakima ma mentre stava per accennargli qualcosa, udì alle sue spalle la voce ferma e chiara del professor  Echos.  «Lascia Michael, ci penso io!»  disse, approssimandosi a Yakima con un portamento compassato che celava una forte agitazione interiore. Era rientrato da una mezz’ora al castello e quando Evelyn gli aveva comunicato della telefonata disperata di Didior, ne restò dolorosamente sorpreso.    

«Senti Yak, è successo qualcosa che non avrei mai voluto dirti.», si giustificò chiamandolo come era solito fare, senza dilungarsi. «Sono giunte brutte notizie dal Mozambico che riguardano il nostro amico.»    

Yakima lo scrutò pensieroso, subodorando qualcosa di tragico.   

«Ha telefonato Didior... era disperato perché il suo padrone... se n’e andato.» riprese Donald, non riuscendo a trovare le parole giuste per proseguire.    

«Andato dove?», fece lui sorpreso.   

«Andato via... per sempre, Yak!» disse in modo lapidario.    
«Vuol dire che è morto ?» domandò sgomentato.  

«Purtroppo non ha retto al dolore della tragedia del figlio e... »    


«E... » accennò nervoso, stringendo forte i pugni.    

«... Si è dato fuoco nella piazzetta del suo paese.» riprese Donald con l’angoscia addosso, arrivando con sollievo al dunque.    

«Non può aver fatto questo!» esclamò rabbioso Yakima sferrando un forte pugno su un cartello segnaletico in lamiera affisso ad un palo. 

Dalla scala esterna del cortile scendevano afflitti e timorosi il professor Truman, la signorina Martin e alcuni studenti, i quali si fecero incontro ai due rimasti ritti, immobili, silenti e addolorati uno di fronte all'altro a ridosso del muro di cinta. Evelyn Martin si accostò a Donald dandogli una fuggevole carezza sul viso. A Truman bastò osservare l’espressione arcigna di Yakima per capire che era sul punto di scoppiare. Furio Molinari, Doukas, il placido Tobia, Alden, Margaret e Pamela li rincuorarono con uno sguardo fuggevole e un timido sorriso. Sapevano quanto fossero legati al povero Cornelliuson di cui ne parlavano come fosse un fratello, una persona leale e fidata conosciuta viaggiando attraverso l’Africa, il più antico dei continenti ma anche il più giovane, alla mercé continua di multinazionali, Paesi e holding finanziarie travestite da tanti Babbi Natale...  

Cornelliuson si era immolato nella piazzetta del suo villaggio in un atto di protesta contro coloro che si erano impossessati del suo terreno. Lasciava una moglie e tre figlie oltre ai suoceri anziani che lo avevano aiutato a far fruttare quella che lui aveva sempre considerato terra di sua proprietà e che gli avevano portata via ingiustamente e brutalmente.  

A questo punto il viaggio in Mozambico non aveva più ragione di esistere. Yakima ne soffrì terribilmente, standosene tappato nella quiete della sua stanza in attesa di decidere il da farsi. Si sentiva come un leone in gabbia, alzandosi e distendendosi ripetutamente dal letto con una gran voglia di agire, di andare a fondo della sporca faccenda. Con Donald fu deciso d’inviare una lettera di condoglianze ai familiari di Cornelliuson, assieme a un bonifico bancario di qualche migliaio di euro per poter far fronte alle difficoltà del momento. Senonché l’indomani una notizia inaspettata lo rallegrò, aprendogli orizzonti insperati. Quanto gli veniva comunicato poteva essere per lui l’occasione giusta per provare di pareggiare i conti con chi riteneva responsabile della morte del suo amico. Difatti nella email proveniente da Bellevue era accluso un elenco di ditte cinesi operanti a Maputo, in Mozambico, facenti parte della società madre di cui lui, precedentemente, aveva chiesto informazioni. La Mine Ki Woong aveva interessi minerari in diversi paesi africani ma a quanto pare, attraverso società sussidiarie, non disdegnava altri campi di lavoro. Pertanto, sapendolo in Italia, gli amici cinesi-americani gli fornirono il nome di un grande magazzino in Roma, nella zona Esquilino, che trattava maggiormente pregiati oggetti in ebano e in palissandro malgasci, gestito da tal HENG Zhou... il cui nome, immediatamente, rammentò a Yakima il viso paffuto e insolente del cognato del suo acerrimo nemico, che non vedeva da anni, e che oggi amministrava una grande impresa cinese operante su larga scala.   

continua...

Immagine: www.farmlandgrab.org

Un ringraziamento particolare a Henry Pacella per l'immagine di Yakima. 

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